Beati tutti quelli che riparano in Lui

di Rebecca Nazzaro

Ogni forma di bellezza, se è vera bellezza è sempre religiosa, perché apre a orizzonti infiniti, libera dalla trappola del tempo, insegnando a respirare con un nuovo ritmo e, se arriva fino al punto di ferire l’anima, essa può riuscire a produrre una vera e propria trasformazione.

La conversione del poeta Claudel nel Natale 1886 ne è, in questo senso, testimonianza viva: colpito dal canto del Magnificat, mentre assiste alla funzione dei Vespri di Natale a Notre-Dame, egli avverte il sentimento inatteso della presenza di Dio: «In un istante il mio cuore fu toccato e, io credetti. Credetti con una forza di adesione così grande, con un tale innalzamento di tutto il mio essere, con una convinzione così potente, con una certezza che non lasciava posto a nessuna specie di dubbio che, dopo di allora, nessun ragionamento, nessuna circostanza della mia vita agitata, hanno potuto scuotere la mia fede, né toccarla».

L’esperienza bruciante della conversione agisce sull’uomo “per sottrazione”, toglie ciò che gli fa peso, in modo che si crei lo spazio per accogliere un più autentico sé, quello dell’adesione convinta al Disegno. Così come l’affanno e la fatica di Michelangelo stavano tutte nello sforzo di sciogliere la forma e, attraverso il lavoro dello scalpello, inverare il materiale, stringendolo da vicino, inseguendo la figura che già era nel blocco grezzo, così anche nella conversione, si tratta di far affiorare ciò che è già in noi, ed anzi, ciò che è in noi, più di noi stessi. Scrive, ancora Claudel: «invano sono fuggito: dappertutto ho ritrovato la Legge. Bisogna cedere infine! O porta, bisogna far entrare l’Ospite; cuore fremente, bisogna accettare il Padrone: Qualcuno che sia dentro di me, più me stesso di me».

Per questo la conversione apre sempre ad una nuova vita ed è, ancora più radicalmente, un nascere nuovamente al mondo. L’uomo che ripara nella fede è, infatti, come se fosse «nell’alba del suo stesso inizio; egli è ora un nuovo esperimento del Creatore[…”>; egli sta nella luce bianca dell’inizio, pieno di dignità. Le accumulazioni di tempo non possono più spaventare. Può essere grigio e gottoso, ma è vecchio soltanto di cinque minuti»; le parole di Chesterton, solido saggista, pungente apologeta ma, soprattutto, egli stesso esempio luminoso di conversione, ci restituiscono il senso profondo del cambiamento che produce l’adesione alla fede e rappresentano per tutti gli incerti o i distratti un invito vibrante e ultimativo a riappropriarsi della propria vita e a nutrirla di un respiro soprannaturale.

Dio, infatti, ricorda il cardinale Biffi, «non si accontenta di avere nella sua efficacia salvifica delle percentuali discrete (uno su due come nella parabola dei figli), né delle percentuali alte (nove su dieci, come le monete nella mano della donna), né delle percentuali altissime (novantanove su cento, quante sono le pecore al sicuro nel chiuso dell’ovile): punta alla totalità»; perciò egli «che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti» (Eb 1, 1), quando venne la pienezza dei tempi, mandò suo Figlio ad annunciare la buona Novella e a risanare i cuori infranti.

L’uomo è sempre sospeso tra l’ombra e la grazia, tra il peccato e la redenzione, ma Dio non si accontenta né si compiace dei soli giusti: si preoccupa di chi manca, perché il suo amore misericordioso è tenace e mai si rassegna: «E s’egli non viene a Te attraverso ciò che è chiaro, giunga a Te per quello che è oscuro; e se non viene a Te attraverso ciò che è diretto, giunga a Te per quello che è indiretto, e attraverso ciò che è semplice; attraverso ciò che è in lui numeroso, e laborioso e confuso. E se desidera il male, sia un male tale che possa essere compatibile solo col bene. E se desidera il disordine, un tal disordine che implichi la scossa e il crollo delle muraglie che gli sbarravano la salvezza. E già Tu gli avevi insegnato il desiderio, ma egli non sa ancora nulla di ciò che è essere desiderato». Noi amiamo perché Egli ci ha amati per primo; Dio stesso ci dice amatemi e mi avrete, perché non potreste amarmi se già non mi possedeste e non potreste cercarmi se già non mi avreste trovato.

16 aprile 2008

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