Bce, la liquidità non sostiene le imprese

Il sistema è “inceppato”, non incentiva chi deve produrre e investire né i consumatori. Serve una politica più orientata verso il microcredito, le imprese sociali, l’accesso alla terra di Fabio Salviato

Siamo entrati nel sesto anno di crisi economico-finanziaria e all’orizzonte non si intravvedono segnali di ripresa. Per il settimo trimestre consecutivo l’Italia segnala un indice di sviluppo economico negativo. In Europa la situazione non è diversa, permane la debolezza dei Paesi del Mediterraneo (Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro), ma anche Francia e Germania cominciano a registrare dei segnali di stagnazione e un lieve incremento del tasso di disoccupazione.

Insomma la nostra vecchia Europa si trova ad affrontare una crisi mai vista prima. La soluzione non è dietro l’angolo, ma possiamo cominciare ad intraprendere percorsi che ci possano condurre verso una fase di miglioramento della difficile situazione in cui ci troviamo.

Varie volte ci siamo soffermati ad analizzare e proporre la necessità di riformare il sistema finanziario: questo rappresenta un punto importante, se non fondamentale, per traghettare la nostra società verso una nuova prospettiva, dove le persone possano sapersi muovere in rete, attivare imprese leggere capaci di dialogare globalmente, mantenendo una relazione di collegamento con la realtà in cui si trovano ad operare. Se però non interveniamo presto, rischiamo veramente un “collasso” del nostro sistema finanziario, ripiegato su se stesso e ad oggi incapace di concedere credito alle famiglie ed alle imprese.

Il problema oggi sta proprio qui: le banche centrali, compresa la Bce (Banca Centrale Europea), emettono denaro e lo prestano al sistema bancario che lo utilizza per sottoscrivere titoli di Stato o per sostenere investimenti speculativi (derivati, titoli “tossici” in generale) la cui dimensione ha assunto dimensioni spaventose (9 volte il Pil mondiale). Si tratta di una massa di “carta” che non ha un sottostante di riferimento e quindi molto spesso senza un valore definito.

La liquidità emessa dalle Banche centrali dovrebbe invece affluire alle imprese e alle famiglie. Il sistema è quindi “inceppato”, non incentiva coloro che devono produrre ed investire e coloro che dovrebbero consumare.

Come uscire da questa fase di stallo? Il legislatore potrebbe cominciare ad impostare una politica più orientata, ma fino a questo momento non si vedono segnali precisi. In Europa le istituzioni europee e le organizzazioni finanziarie centrali cominciano ad intuire che, in questa fase di transizione, interventi dedicati, attraverso l’utilizzo di fondi specifici (come per esempio i fondi per il microcredito, per le imprese sociali, per l’accesso alla terra, etc.) potrebbero avviare un percorso diverso.

Ecco quindi che dalle istituzioni comunitarie cominciano a partire piani per l’investimento sulla terra, da ridare ai contadini giovani e meno giovani che intendano coltivarla, preferibilmente in maniera biologica o biodinamica, e per il microcredito, per sostenere milioni di microimprese in Europa che hanno bisogno di un finanziamento. Ed ancora, fondi dedicati per capitalizzare le imprese sociali.

Da queste iniziative si stanno sviluppando realtà, imprese, organizzazioni nuove, che creano occupazione e ridanno speranza a centinaia di migliaia di lavoratori, spesso giovani. Un primo passo è stato realizzato; ora spetta alla società civile, alle istituzioni, ai milioni di persone che in Europa sono alla ricerca di una soluzione e sperano che si cominci ad uscire finalmente da una fase di crisi e recessione, per entrare in una nuova fase che ci possa portare verso un nuovo futuro.

21 maggio 2013

Potrebbe piacerti anche