Arriva la “videopillola” per il colon

Per la prima volta in Italia sperimentazione al Gemelli su 4 pazienti; la capsula potrebbe sostituirsi alla colonoscopia di R. S.

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Fare un esame del colon potrebbe diventare semplice come ingoiare una pasticca. È in arrivo, infatti, la “videopillola per il colon”. Una piccola capsula – dimensioni: 11 per 31 millimetri – che consentirà agli specialisti di diagnosticare diverse malattie, come il cancro al colon, ed eviterà ai pazienti di sottoporsi a esami invasivi come la colonoscopia. La tecnica sarà sperimentata per la prima volta in Italia su quattro pazienti, tre uomini e una donna, che la ingeriranno a fine mese presso il policlinico universitario Agostino Gemelli, nell’ambito di uno studio multicentrico Europeo a cui partecipa, come unico centro italiano, l’unità di Endoscopia digestiva chirurgica diretta dal professor Guido Costamagna, docente di chirurgia generale, endoscopica e gastroenterologia all’Università Cattolica di Roma.

«La colonscopia con videocapsula – spiega il Costamagna – rappresenta il più nuovo e affascinante progresso nell’ambito dell’endoscopia senza fili». La capsula, infatti, è un vero concentrato di tecnologia. È dotata di due cupole ottiche in grado di catturare immagini, che vengono poi trasmesse dall’antenna, collocata al centro della “videopillola”. In totale, la capsula acquisisce 4 immagini al secondo in ciascuna delle estremità. Per risparmiare energia l’apparecchio è stato pensato con un sistema di accensione ritardata, che attiva l’acquisizione delle immagini dopo circa un’ora e mezza dall’ingestione.

I vantaggi di questo sistema? «Rispetto alle tecniche diagnostiche tradizionali endoscopiche e radiologiche – sottolineano dal policlinico Gemelli – la capsula per il colon ha i vantaggi di non richiedere la sedazione, di non esporre il paziente a radiazioni, di essere ingerita naturalmente, di non richiedere l’insufflazione del viscere e di consentire la visualizzazione diretta della mucosa e “in tempo reale” attraverso un sistema di “real-view”». Aspetti da non sottovalutare, anche perché la colonscopia è un esame sempre più richiesto. Basti pensare, spiegano ancora dall’ospedale, che «secondo le più recenti linee guida, tutti a 50 anni dovremmo eseguire una colonscopia di screening per i tumori del colon-retto».

«Sempre di più, e sempre più velocemente – aggiunge Costamagna – l’endoscopia tradizionale sta cambiando volto. Gli esami endoscopici diagnostici lasciano il campo alla tecnologia wireless e si concentrano sul versante terapeutico». La capsula, comunque, non è in grado di eseguire biopsie. La colonoscopia tradizionale continuerà a essere usata, dunque, ma in modo meno frequente. Ma si farà ricorso alla nuova tecnologia nei casi in cui l’esame endoscopico tradizionale è controindicato, non è stato completato a causa della conformazione anatomica del colon o della intolleranza del paziente, o nel caso in cui il paziente si rifiuti di eseguirlo. Potrà, inoltre, essere indicata nel monitoraggio di patologie croniche del colon (per esempio rettocolite ulcerosa o colite di Crohn) e nello screening del cancro del colon retto.

28 novembre 2006

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