Arnolfo di Cambio e il ciborio di San Paolo
di Marco Frisina
La fine del Duecento fu per Roma un periodo di grande vitalità artistica e di enorme importanza per quanto riguarda la diffusione nell’Italia centrale di elementi del gotico europeo, che aveva già in Francia monumenti importanti, ma armonizzati con gli elementi paleocristiani e cosmateschi tipici di Roma. Tra questi protagonisti spicca il nome di Arnolfo di Cambio che con la sua opera scultorea è tra i protagonisti di una stagione artistica straordinaria che aprirà le porte all’evoluzione successiva del Trecento e del Quattrocento, gettando già i fondamenti verso il Rinascimento. L’artista fece in questi ultimi anni del ’200 due cibori per le basiliche romane, nel 1285 realizzò quello per la Basilica di San Paolo e nel 1293 quello di Santa Cecilia in Trastevere. Il ciborio viene concepito da Arnolfo come un monumento trionfale e geometricamente imponente, come segno solenne della presenza eucaristica e come custodia del suo mistero. La novità straordinaria, nel primo, è rappresentata dalle figure scolpite ai lati del monumento la cui plasticità ci fa pensare alle opere di Nicola Pisano e preludono alla scultura dei secoli seguenti. Le statue di Pietro e Paolo incorniciano la facciata del ciborio verso la navata mentre dall’altro lato ci sono San Timoteo e San Benedetto. La posa ci ricorda le statue classiche della tradizione antica ma l’insieme rivela una sintesi mirabile in cui romanità e modernità stilistica si incontrano per manifestare l’armonia e la bellezza del mistero cristiano.
11 gennaio 2010