Alla scoperta di Teotihuacan, la città degli dei
Al Palazzo delle Esposizioni più di 450 reperti rievocano la storia della città azteca, uno dei centri più importanti dell’America precolombiana di Francesca Romana Cicero
Mille anni prima che gli aztechi fondassero la loro capitale circa 50 km più a sud, dove oggi sorge Città del Messico, Teotihuacan divenne tra il III e il VI sec. d.C. uno dei centri più importanti dell’America precolombiana. Mitiche le origini di questa città che gli aztechi chiamarono «luogo in cui furono creati gli dei»: Teotihuacan è sorta all’inizio dei tempi, quando il sole e la luna nacquero da una pira sacrificale.
Oggetto di discussione è tutta la sua storia (chi fossero i suoi abitanti, quale lingua parlassero, e così via), le cui conoscenze sono legate a scavi archeologici più che a testimonianze scritte, benché in essa fosse in uso una forma di scrittura di piccole dimensioni, ancora da decifrare, oltre ad un sistema di numerazione con punti (unità) e barre (cinquine).
Al Palazzo delle Esposizioni una mostra dal taglio archeologico, alla quale si accede dalla scalinata esterna la cui balaustra, per l’occasione, è sormontata da teste di animali che dovrebbero fungere da richiamo, ma che ottengono l’effetto contrario per mancanza di gusto, presenta 450 pezzi, tra cui frammenti pittorici murali che per la prima volta escono dal territorio messicano, vasi, sculture monumentali e oggetti di vita quotidiana di questa metropoli – 150 mila abitanti – ante litteram.
Distribuiti in sezioni, che meriterebbero ulteriori informazioni per il visitatore, i ritrovamenti evidenziano una geografia sacra: situata tra le piramidi del sole e la luna, in essa le montagne erano simbolicamente orientate verso i quattro punti cardinali e la complessa pianificazione urbana a scacchiera era incentrata sul viale dei morti. La religione doveva, infatti, assolvere diverse funzioni, e le divinità più adorate erano il serpente piumato e il dio della pioggia, anche se non mancavano quelle femminili dal capo conico, con bande orizzontali di capelli che paiono alludere a file di mais. Tra queste divinità femminili esisteva anche un’equivalente di Venere, raffigurata con fiori che le spuntavano dalle tempie. Ad esse si aggiungeva uno “zoo” sacro costituito da gufi e aquile – simbolo di guerra –, il giaguaro, sinonimo di forza e vittoria in battaglia etc.
In questa città sfarzosa, come si evince dalle suppellettili e dall’artigianato, molto praticati erano il sacrificio umano offerto agli dei e l’auto-sacrificio, e numerose erano le cerimonie pubbliche accompagnate da danze e musica.
A Teotihuacan, città dalle classi sociali differenziate (guerrieri in primis, anche se è ipotizzabile la figura di un sovrano, seguiti da sacerdoti, artigiani e mercanti che, oltre a svolgere relazioni diplomatiche e procurare beni e materie prime, fungevano da spie), come in tutte le altre civiltà precolombiane, si dava molto importanza ai riti legati alla sepoltura. Se per gli aztechi le anime degli guerrieri morti si trasformavano in farfalle e uccelli che andavano ad abitare un paradiso solare e floreale, a Teotihuacan seppellivano i morti sotto il pavimento delle abitazioni seduti, con le gambe piegate, rivolti verso est, nella direzione in cui sorge il sole e provenivano le piogge primaverili. Il corredo funerario (nessuna tomba regale è stata ritrovata) comprendeva delle maschere – che probabilmente non indossavano – col naso ampio, ricoperte di pietre, dalla forma di un triangolo invertito e dall’espressione impersonale, divenute rappresentative di questa civiltà.
Le ipotesi sulle cause del declino di questa civiltà complessa sono molteplici: la fine di Teotihuacan sarebbe stata determinata da rivolte interne dinastiche (ammesso che fosse governata da un re o da un consiglio di uomini), o da un eccessivo incremento demografico con conseguente limitazione di risorse, un incendio di vaste proporzioni o un’invasione di popoli vicini.
“Teotihuacan. La città degli Dei” c/o il Palazzo delle Esposizioni. Fino al 27 febbraio 2011. La rassegna è curata da Felipe Solís Olgufn e allestita da Marisa Coppiano. Catalogo Skira, 34 euro. Biglietti: intero 12,50 euro; ridotto 10 euro. Permette di visitare tutte le mostre in corso al Palazzo delle Esposizioni. Biglietto integrato Palazzo delle Esposizioni e Scuderie del Quirinale, valido per 3 giorni: intero 18 euro; ridotto 15 euro. Orari: domenica, martedì, mercoledì e giovedì dalle 10 alle 20; venerdì e sabato dalle 10 alle 22.30; lunedì chiuso. Informazioni e prenotazioni: singoli, gruppi e laboratori d’arte, telefono 06.39967500; scuole 06.39967200.
23 novembre 2010