Affitti alle stelle

Fallita l’opzione del canone concordato, Roma è fra le città più care d’Europa in tema di affitti. Il problema visto da sindacati, Confedilizia e Comune di Massimo Angeli

Un bilocale sulla Tiburtina a 1000 euro mensili, un trilocale a Talenti a 1300. Basta un’occhiata agli annunci sui giornali o nei siti internet specializzati per farsi prendere dallo scoramento e decidere di rimanere a casa di mamma e papà. Dati alla mano, in tema di affitti, Roma è una delle città più care d’Italia e, secondo un recente studio francese, una delle più care d’Europa con i suoi 21,7 euro al metro quadro, seconda soltanto a Londra, in testa con 35. «Negli ultimi anni l’aumento delle locazioni a Roma è stato evidente – dice Guido Lodigiani del centro studi Tecnocasa -. Nel primo semestre 2005 in Italia gli affitti dei bilocali sono aumentati dello 0,8 per cento, ma a Roma l’aumento è stato del 3,2. Effetto di un mercato più dinamico rispetto ad altre città, con molta mobilità e tanti fuori sede. Pochi, comunque, gli spazi per un’ulteriore crescita dei prezzi – precisa -, anche se la domanda di case in locazione rimarrà ancora elevata». A crescere soprattutto l’affitto degli appartamenti economici (due o tre locali), specie se situati nelle zone interessate da lavori di miglioria, come l’Esquilino, o in prossimità delle aree universitarie, come l’Ostiense o San Lorenzo. «La situazione è difficile – commenta Maurizio Savignano, della Sicet-Cisl -. In periferia non si riescono a trovare due stanze in affitto a meno di 800 euro, con gravi disagi per le giovani coppie, i pensionati, gli studenti. Molto ci si attendeva dai contratti a canone concordato, ma la legge che oggi regola il settore ha lasciato la possibilità del libero mercato e questo ne ha pregiudicato i risultati». Malgrado il Comune abbia azzerato l’Ici e siano previsti sgravi fiscali che arrivano al 42 per cento, i proprietari sono infatti restii ad avvalersi di questa forma contrattuale. Grave, poi, il disagio delle fasce medie, di tutte quelle famiglie che non possono acquistare una casa ma non rientrano neanche nei parametri dell’edilizia popolare, e per le quali il sindacato chiede di immettere sul mercato «case ad affitto permanente o a riscatto». «Il problema è destinato a peggiorare, perché con la scadenza dei patti in deroga molti contratti non potranno essere rinnovati – interviene Aldo Rossi, del Sunia -. Il problema a monte è l’evasione fiscale. Che vantaggio può avere infatti dalle detrazioni fiscali chi le tasse non le paga per niente? Bisognerebbe invece abolire i contratti liberi, permettere la deduzione dalle imposte del canone di affitto e avviare piani di edilizia pubblica a vasto respiro». «Tutti conoscono la risoluzione del problema della casa, solo che non interessa attuarla – sostiene Paolo Pietrolucci, presidente regionale della Confedilizia, l’associazione dei proprietari -. La casa, infatti, è un grosso bacino di voti ed è più conveniente tenersi le mani libere. Per cambiare le cose basterebbe utilizzare meglio il costruito esistente – spiega -, ristrutturare o cambiare destinazione d’uso agli immobili dismessi o sottoutilizzati, gestire senza sprechi gli alloggi popolari». «I fatti parlano della bontà del nostro lavoro – risponde l’assessore alla casa e al patrimonio del Comune di Roma, Claudio Minelli -. I 14mila “buoni casa” l’anno e i 2400 alloggi assegnati stanno a dimostrarlo. Purtroppo i finanziamenti statali sono in diminuzione e gli enti locali non possono fare tutto da soli. Senza un reintegro del fondo nazionale ai livelli del 2001, per esempio, già dal prossimo anno sarà necessario dimezzare il numero dei buoni casa».

9 ottobre 2005

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