Aborto, un fenomeno «socialmente invisibile»

Scienza & Vita e Movimento per la vita commentano la presentazione annuale al Parlamento della relazione del ministro della Salute sull’attuazione della legge 194: serve una «cultura dell’accoglienza» da Agenzia Sir

Per quanto statisticamente e apparentemente in diminuzione, il numero complessivo di aborti rappresenta comunque il perseverare di gravi sconfitte sotto il profilo umano e sociale». È il primo commento di Lucio Romano, presidente nazionale dell’Associazione Scienza & Vita, alla presentazione annuale al Parlamento della relazione del ministro della Salute sull’attuazione della legge 194. Analizzando le cause degli aborti – «mancata valorizzazione dei servizi primari di prevenzione, scarsa attenzione per la collaborazione con il privato sociale, insufficiente attivazione delle reti di sostegno per la maternità, carenza nell’informazione sul diritto a partorire in anonimato» – Romano afferma la necessità di «sforzi congiunti per una vera cultura dell’accoglienza pre e post concezionale, attraverso un’opera capillare di prevenzione e di formazione incentrata, tra l’altro, sull’educazione della sessualità e all’affettività». Il «significativo e prevedibile» ricorso alle dimissioni volontarie dopo l’uso della RU486, osserva ancora Romano, «dimostra chiaramente il diffondersi della cultura della privatizzazione dell’aborto e la sua invisibilità sociale. La gran parte delle donne che ha fatto ricorso all’aborto chimico – conclude – ha preferito firmare le dimissioni e consumare tutte le fasi abortive nella drammaticità della solitudine».

«Perché il ministro della Salute nella sua relazione non tiene conto della grande quantità di aborti precocissimi causati dalle pillole del giorno dopo e dei cinque giorni dopo? In realtà il numero degli aborti conosciuti è diminuito solo in modo fittizio da quello degli aborti occulti». Questa è la prima delle tre domande che Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, rivolge al ministro della Salute Renato Balduzzi, intervenendo in merito alla Relazione ministeriale sull‘applicazione della legge 194 pubblicata ieri, 9 ottobre. «Perché – domanda poi Casini -, come da tanto tempo chiediamo, non viene riferito il numero dei bambini sottratti all’aborto attraverso l’intervento dei consultori e dal volontariato per la vita? Il ricordo dei Cav sarebbe un elemento culturale di prim’ordine». «Perché – è la terza domanda – tra gli strumenti di prevenzione le Relazioni ministeriali hanno sempre dimenticato l’educazione al rispetto della vita concepita? I Centri di aiuto alla vita e il Movimento per la vita possono provare che il riconoscimento del figlio come figlio è davvero lo strumento migliore per far vincere il favor vitae perché restituisce il coraggio dell’accoglienza alle madri, alle famiglie, alla società tutta intera».

10 ottobre 2011

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