“Transformers 4”, spettacolo frastornante
Continua la saga delle macchine aliene che ha fatto segnare cifre record ai botteghini. Ammalato di gigantismo, film da vedere come sintesi delle infinite possibilità delle tecnologie moderne di Massimo Giraldi
Siamo ormai entrati in quella zona grigia che è per il cinema l’arrivo dell’estate. Per tenere sveglia l’attenzione ci vogliono prodotti ad alto tasso spettacolare. Uno di questi, uno degli ultimi prima della pausa è di sicuro “Transformers 4 – L’era dell’estinzione” in uscita nelle sale in questo fine settimana. La saga era cominciata nel 2007 con “Transformers”, proseguita nel 2009 con “Transformers – La vendetta del caduto”, allungata nel 2011 con “Transformers 3”. Qui, nel finale del terzo episodio, gli amici Autobot, che difendono gli umani e la Terra, avevano scoperto che nel 1969 la missione spaziale Apollo 11 era andata in realtà alla ricerca di un relitto alieno: l’Arca guidata da Sentinel Prime (predecessore di Optimus) trasportava una tecnologia in grado di riportare i robot extraterrestri agli antichi trionfi. La battaglia finale per la salvezza della Terra aveva raso al suolo Chicago.
Ora, quattro anni dopo, uscito di scena Sam, ecco in primo piano Cade, meccanico che si definisce inventore, con tanta fantasia ma senza lavoro e senza soldi, in rotta di collisione con Tessa, la figlia quindicenne che vorrebbe autonomia e libertà. Ma si può per 165 minuti far andare un problema centrale della società odierna come il rapporto padre/figlio di pari passo con uno scenario fantastico roboante, irrefrenabile, frastornante come quello della guerra tra umani e robot? Si può, anzi lo si fa senza tante remore se si è Michael Bay, regista che dai tempi di “Pearl Harbour” confeziona spaventosi meccanismi di sovrumana visionarietà, autentici rompicapo di rumori, scontri sovrapposizione di corpi e ferraglie. Bay compone copioni ad alto tasso di emotività, con situazioni al limite della sopravvivenza, e spiragli della lotta per dare vita alla Terra e non cedere al ricatto della distruzione. La filosofia della speranza è il valore aggiunto di una vicenda incontenibile e debordante, metafora di uno sguardo che scavalca il presente per ipotizzare un futuro nel quale esseri umani e robot vivranno finalmente uniti.
Su questa strada si era già mosso il recente “Godzilla”, e il racconto ripete qui l’ineluttabilità per la Terra di partecipare ad un comune destino di pace. Bay è bravissimo a farci credere di aver detto un sacco di cose, mentre invece per tre ore ha inanellato situazioni prevedibili affidate a immagini disturbanti in quanto rumorose, incalzanti senza tregua né riposo. Di favoloso ci sarà forse il successo al botteghino, magari meritato perché logica conclusione di uno spettacolo ammalato di gigantismo. Film da vedere come sintesi delle infinite possibilità delle tecnologie moderne.
21 luglio 2014