Istat: «La crisi provoca depressione»

In Italia 2,6 milioni di depressi. Secondo l’Istituto di Statistica peggiora la salute mentale rispetto al 2005. Meno malattie respiratorie. Crolla il ricorso alla medicina non convenzionale di R. S.

C’è una stretta correlazione tra la crisi economica e la depressione degli italiani. Lo afferma un’indagine dell’Istat sulla salute degli italiani. Per l’Istituto di statistica, la salute fisica rimane stabile mentre la «depressione, che è il problema mentale più diffuso, riguarda 2,6 milioni di persone con prevalenze doppie tra donne in tutte le età». Il documento dell’Istat “Tutela della salute e accesso alle cure” indica che rispetto al 2005 il dato relativo alla salute mentale è sceso di 1.6 punti.

Essenzialmente stabili i dati che riguardano la salute fisica, con il 7,3% delle persone sopra i 14 anni che dichiara di stare male o molto male, in leggero calo rispetto al 7,4% del 2005. «Rimangono invariate – sottolinea il rapporto – le disuguaglianze sociali nella salute, nei comportamenti non salutari, nelle limitazioni all’accesso ai servizi sanitari. Permane lo svantaggio del Mezzogiorno. Rispetto al 2005, però, diminuiscono malattie respiratorie croniche e artrosi – la popolazione che invecchia proviene da esperienze di vita sempre più sane – mentre aumentano tumori maligni, Alzheimer e demenze senili anche perché c’è maggiore capacità di riconoscere le malattie».

Diminuiscono i forti fumatori, ma aumenta la percentuale di adolescenti e giovani donne che iniziano a fumare prima dei 14 anni, passando da 7,6% a 10,5%. E’ obeso l’11,2% degli adulti, quota in aumento sia rispetto al 2000 (erano il 9,5%), che al 2005 (10%). Nel 2013 solo il 20,6% della popolazione di 5 anni e più pratica un’attività fisica ritenuta protettiva per la salute secondo la definizione dell’Oms: il 25,9% tra gli uomini ed il 15,6% tra le donne.

Aumentano le persone che ricorrono a visite mediche specialistiche, escluse quelle odontoiatriche (11,9% nel 2005 e 14,8% nel 2013) e diminuiscono le visite dal dentista del 30%. Crolla, invece, il ricorso alle terapie non convenzionali rispetto al 2000, da 15,8% a 8,2%. L’uso di rimedi omeopatici scende dal 7% al 4,1% tra il 2005 e il 2013.

10 luglio 2014

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