Rifugiati e richiedenti asilo, l’Italia ferma alla logica dell’emergenza

Presentato il rapporto annuale del Centro Astalli: 28mila domande nel 2013, a fronte di 43mila persone sbarcate. Aumentano le richieste di protezione ma non i pasti in mensa. Poche misure di integrazione di Mariaelena Finessi

Nelle stesse ore in cui la Marina militare porta in salvo nelle acque di Sicilia oltre mille migranti avvistati dall’elicottero della fregata Maestrale e da un drone (Uav) dell’Aeronautica, l’8 aprile il Centro Astalli (sede italiana del Servizio dei gesuiti per i rifugiati-Jrs) presenta a Roma il suo rapporto annuale sull’immigrazione e denuncia: «L’Europa è paralizzata dalle dimensioni del fenomeno». I numeri registrati nel 2013 dicono infatti che nei Paesi dell’Unione sono aumentate del 32% le domande d’asilo. In Italia le stesse sono state circa 28mila (+ 60% rispetto all’anno precedente) a fronte delle quasi 43mila persone sbarcate sulle coste nostrane.

Uno scarto che lascia riflettere, almeno quanto quello esistente tra i richiedenti asilo siriani, che sembrano scegliere Paesi come Svezia (16.317) e Germania (11.851) piuttosto che l’Italia (appena 695). «Questi dati – spiega padre Giovanni La Manna, direttore del Centro – raccontano che chi cerca protezione è ben consapevole della difficoltà del contesto italiano e cerca in ogni modo un’altra destinazione, preferendo l’Europa a noi». Secondo il Centro Astalli – a cui l’amministrazione capitolina ha assegnato il premio Roma per la Pace e l’azione Umanitaria, onorificenza attribuita in passato a personalità come Giovanni Paolo II, Ingrid Betancourt o Aung San Suu Kyi -, i punti deboli dell’attuale sistema dell’accoglienza italiano sono la scarsa lungimiranza e le misure di integrazione. «Poiché le richieste d’asilo sono diventate prevedibili negli ultimi dieci anni, ciò che manca è la programmazione».

Il risultato è che «molti titolari di protezione si trovano di fatto abbandonati a loro stessi, sempre più spesso con crescenti problemi psichici e con ben poche opportunità di essere curati e di crearsi un percorso autonomo». A partire dal lavoro, la cui assenza è acutizzata dalla crisi economica del Paese, e dall’alloggio. Il fenomeno delle occupazioni, infatti, «particolarmente grave a Roma» – dove vivono 21mila persone (delle 37mila) che si sono rivolte ai gesuiti per chiedere assistenza nel 2013 -, è in crescita esponenziale: alle occupazioni romane di lungo corso (Collatina, Romanina, o Ponte Mammolo, per esempio) si sono ormai aggiunti stabilmente il palazzo dell’ex Ispra di Piazza Indipendenza e Colle Oppio. Le stime dicono che almeno 2.500 rifugiati vivano a margine della società, in condizioni di assoluto degrado.

E se i richiedenti protezione sono aumentati, il totale dei pasti distribuiti dalla mensa nel 2013 (102.675) è rimasto costante rispetto al 2012, con una media giornaliera di 350-400 pasti offerti da circa 40 volontari. Numeri che fotografano la tragicità della situazione e «l’incapacità del sistema di accoglienza italiano di risolvere – spiega il rapporto – persino i bisogni più immediati». Ancora, «deludente la risposta che l’Italia ha finora dato in materia di asilo. Il sistema di accoglienza è rimasto improntato a una logica emergenziale». Questo il giudizio senza sconti di padre Giovanni La Manna. «Guardiamo con attenzione all’ampliamento dello Sprar», il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, ossia la rete degli enti locali che, per realizzare progetti di accoglienza integrata, accedono a un Fondo nazionale istituito ad hoc. «Ma sarebbe necessario e urgente – puntualizza La Manna – rivedere tutta la politica in materia di migrazioni».

Presenti alla conferenza stampa, tra gli altri, anche padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana, il quale ricorda quanto la fragilità dei migranti sia particolarmente cara a Papa Francesco che proprio al Centro Astalli, nella visita del 10 settembre 2013, ha pronunciato parole inequivocabili sulla necessità di allargare le maglie dell’accoglienza, specie abitativa: «I conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare i soldi. I conventi vuoti non sono nostri, sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati».

9 aprile 2014

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