La rinuncia del Papa: il popolo ha capito

La maggior parte dei fedeli ha compreso le ragioni profonde della scelta di Benedetto XVI. La Chiesa non è solo ”sporcizia”: il Pontefice ha combattuto debolezze e scandali. La storia gli renderà giustizia di Marco Doldi (Agenzia Sir)

A poche ore dal termine del pontificato di Benedetto XVI conviene provare a interrogarsi sul modo in cui la gente comune ha inteso la decisione del Papa. Non si tratta di ritornare sulle parole pronunciate durante il Concistoro dell’11 febbraio e neanche sulla loro corretta interpretazione e applicazione. Piuttosto, si tratta di capire se i fedeli e la gente comune hanno capito sino in fondo la volontà di Benedetto XVI. L’indagine, naturalmente, non è facile e le risposte saranno necessariamente parziali.

Intanto, bisogna riconoscere un fatto. La decisione del Papa di rinunciare al ministero petrino ha creato ovunque un certo senso di smarrimento e di disorientamento, a motivo della sua assoluta novità. È vero che durante gli ultimi anni del pontificato del beato Giovanni Paolo II, quando egli appariva sempre più fisicamente in declino, ci s’interrogava sulla possibilità di una sua eventuale rinuncia. Si diceva che era possibile, che già qualcun altro nella storia lo aveva fatto. È vero anche che Benedetto XVI nel libro intervista “Luce del mondo” di Peter Seewald, uscito nel 2010, rispondendo a una domanda sulle sue possibili dimissioni diceva: «Ci si può dimettere in un momento di serenità, o quando semplicemente non ce la si fa più». Tuttavia, le dimissioni sembravano una possibilità assolutamente remota e quando sono arrivate sono sembrate un fulmine a ciel sereno.

Insomma, la gente non era preparata e non poteva esserlo. A questo punto, alcuni – peraltro pochi – hanno manifestato il loro disorientamento affermando semplicemente che un Papa non può dimettersi e hanno ricordato la scelta di Giovanni Paolo II, che è stata diversa. Addirittura, non è mancato chi ha fatto proprio il severo giudizio che il sommo poeta ha dato alla scelta di Celestino V e che resta un retaggio degli studi classici di tanti italiani. Però, al di là di una certa asprezza è sembrato emergere un senso di smarrimento, perché credenti o non hanno sempre visto il Papa come una figura paterna, da cui lasciarsi guidare o con cui essere in disaccordo; ma sempre un padre. Così a molti è sembrato di essere diventati orfani.

I più, invece, hanno accettato, per così dire, che Benedetto XVI abbia deciso di farsi da parte. Ma qui c’è un’importante distinzione tra chi ha accolto con fiducia le motivazioni espresse dal Papa ai cardinali e chi ne ha immaginate altre. Per i primi non è stato difficile comprendere che Benedetto XVI uomo come tutti, non riuscisse più, arrivato ormai all’età di 86 anni, a governare la Chiesa. Le forze declinano per tutti e nessuno è eterno o onnipotente. La vecchiaia è così: felice chi la assume responsabilmente come periodo di minor efficienza e occasione per comunicare ad altri l’esperienza di una vita o per coltivare maggiormente le relazioni umane. Il Papa – sempre secondo questa prima fascia di persone – ha dimostrato di non essere attaccato al potere, ha mostrato l’umiltà di farsi da parte e di nascondersi al mondo. I credenti, illuminati dalla parola del Vangelo, hanno realmente visto in questo gesto il riconsegnare la guida della Chiesa a colui che è il Pastore dei pastori, a colui di cui ogni Pontefice è “solo” vicario.

Per altri, probabilmente i più numerosi, le motivazioni presentate da Benedetto XVI non sarebbero vere o almeno insufficienti: ci dovrebbe essere dell’altro! Su questi hanno avuto grande peso molti mezzi di comunicazione, che esercitano oggi un potere non meno forte delle dittature, perché comandano che cosa pensare e che cosa credere. Solitamente procedono per tesi preconcette e non riescono a vedere la realtà dei fatti. Assolutizzano alcune cose, facendone la chiave interpretativa di tutto, sempre la stessa. Così ad esempio, la denuncia che l’allora cardinale Ratzinger aveva fatto durante la “Via Crucis” del 2005, pochi giorni prima di diventare Papa, circa la sporcizia che c’è nella Chiesa è diventata la vera spiegazione al motivo della sua uscita di scena. Il Papa se ne andrebbe via sconfitto e amareggiato per non aver tolto di mezzo i mali della Chiesa.

Ora, nessuno può negare che alcuni uomini e alcune donne nella Chiesa non vivano coerentemente con il battesimo e con la chiamata alla perfezione del Vangelo. Questo avviene ancora oggi, ma è stato anche in passato in forme davvero preoccupanti. Eppure la Chiesa non è solo “sporcizia”! Quanti credenti nel silenzio spendono le proprie energie in coerenza con gli insegnamenti di Cristo e accrescono quotidianamente la santità e anche la credibilità della Chiesa. La loro presenza è per lo più ignorata dalla maggior parte di coloro che si occupano della Chiesa, convinti come sono che ci siano solo intrighi, debolezze, arrivismi, scandali.

In realtà, conviene dirlo, il Papa queste cose le ha combattute e ha posto in atto una riforma, che è solo agli inizi e che il successore continuerà con rinnovato vigore. La storia renderà giustizia.

25 febbraio 2013

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