Biancaneve guerriera, cornice panteista

Joe Roth propone una sua versione della favole dei fratelli Grimm in cui la protagonista esce dalle soavi armonie del passato e si batte in prima persona contro la principessa Ravenna di Massimo Giraldi

La prossima settimana esce nelle sale “Biancaneve e il cacciatore”. Il punto di partenza è, ancora una volta, la fiaba scritta dai fratelli Grimm e pubblicata per la prima volta nel 1812 nella raccolta “Kinder und Hausmanchen”. Il cartone animato (la prima incursione di Walt Disney nel mondo delle favole) risale al 1937, e per molti è rimasto un esempio difficilmente uguagliabile.

Oggi il cinema americano, in crisi a dire il vero di idee originali, prova a riprendere il testo. A raccontarlo si rischia la banalità, ma forse vale la pena di ricordare che, dopo aver stregato e ucciso Re Magnus, padre di Biancaneve, l’ormai principessa Ravenna è riuscita a diffondere per tutto il regno un senso di diffusa malvagità. Ma ora, per diventare davvero immortale, Ravenna deve mangiare il cuore di Biancaneve. La ragazza tuttavia riesce a fuggire dal carcere in cui è prigioniera, Eric, un giovane cacciatore viene incaricato di riprenderla, la insegue, la raggiunge ma i rapporti tra loro all’improvviso cambiano. La fine di Ravenna forse si avvicina.

Nel caso di testi così famosi e molto rappresentati, il problema è sempre quello della scelta della forma di approccio. La produzione guidata dall’esperto Joe Roth voleva una versione innovativa del racconto, sia nell’ottica di re-immaginare il testo sia in quella di offrire una Biancaneve cinematografica attraente per un pubblico ampio. In particolare il regista aggiunge che «Biancaneve ha un arco di sviluppo che somiglia alla mitica ascesa di un eroe. È quasi la versione femminile di Luke Skywalker. Ci sono lo specchio, la mela rossa e la regina cattiva, ma sono state aggiunte imponenti battaglie e una ribellione».

È importante il riferimento a uno dei protagonisti della saga di “Guerre stellari”: vuol dire che per Biancaneve è arrivato il momento di uscire dalle soavi armonie del passato per entrare nelle asprezze e nelle difficoltà del moderno: essere, al pari dei giovani di oggi, una che capisce la durezza del momento, afferra la necessità di reagire senza tentennamenti e si getta nella competizione, tra rischi, pericoli, incertezze identitarie. Orfana di madre, Biancaneve deve elaborare il lutto per l’assenza anche di un padre molto amato dai sudditi e ben voluto da tutti. Allora quello della ragazza diventa un viaggio di ritorno verso il ritrovamento di un passato, che è metafora dell’equilibrio interiore e icona del sogno e di un lontano tempo idilliaco. Nell’attraversare Bene e Male, la regina Ravenna simboleggia la morte, Biancaneve al contrario è il cuore pulsante della vita. Gli istinti brutali della prima configgono con l’umanità della seconda.

Le immagini affidano a un insistito panteismo l’obiettivo di creare l’armonia del mondo naturale. La suggestione visiva è forte, ma dentro la cornice non sempre il quadro è giustificato. Lo spettacolo stringe un po’ l’occhio al recente “Twilight”, con rimandi visivi e iconici. Da vedere per tutti.

9 luglio 2012

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