La Chicago Symphony Orchestra all’Opera di Roma

Diretta da Riccardo Muti, la compagine americana approda nella Capitale il 23 aprile. Per questo tour che parte dalla Russia, in programma musiche di Rota, Strauss e Shostakovic di Mariaelena Finessi

Farà tappa al Teatro dell’Opera di Roma, il prossimo 23 aprile alle 20.30, la tournée europea della Chicago Symphony Orchestra (Cso) guidata dal maestro Riccardo Muti, che ne è anche il direttore – il primo italiano nella storia della Cso – dal settembre 2010, succedendo a bacchette del calibro di Rafael Kubelík, Fritz Reiner, Jean Martinon, Sir Georg Solti e Daniel Barenboim. Annoverata tra le cosiddette Big Five, le cinque super corazzate sonore degli Stati Uniti, la Cso è nata nel 1891 ed è dirigendo i suoi musicisti che il napoletano Muti si è aggiudicato due Grammy, gli Oscar della musica, per la “Messa da Requiem” di Verdi. Capace di raffinatezze, come pure di spaziare dall’antico al moderno, la compagine d’oltreoceano eseguirà per questo tour che parte dalla Russia, da dove mancava da oltre 20 anni, la Suite sinfonica da “Il Gattopardo” di Nino Rota, “Tod und Verklärung” (Morte e trasfigurazione) di Richard Strauss e la “Sinfonia n. 5” di Dmitri Shostakovich. Tre capolavori che in comune hanno una nascita non lineare, interrotta o travagliata.

«Ho suonato un tema di una sinfonia che non avevo neanche mai scritta, ma che avevo fatto nel ’44-’45; era un mio ricordo di gioventù, una sinfonia, così, romantica. Basti dire che non l’avevo neanche completata, tanto ero poco convinto, stilisticamente. Gli ho suonato questo tema e lui: “Questo è il tema del Gattopardo”. Così Nino Rota racconta a Sergio Miceli la genesi delle musiche per il lungometraggio di Luchino Visconti, tratto dal celebre romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, dato alle stampe nel 1958 e divenuto presto un caso editoriale. La “sinfonia” alla quale si allude è la “Sinfonia sopra una canzone d’amore”, partitura che Rota aveva composto negli anni ’40 e che completerà solo nel 1972.

Quanto al lavoro di Strauss, questo rievoca l’agonia di un uomo che avendo aspirato ai più alti ideali artistici ed umani soffre al momento del proprio trapasso per non essere riuscito a realizzarli sebbene la morte, con la quale tutto – anche l’incompiutezza di un ideale – diviene celebrazione dell’eternità, giungerà a recargli pace. Composta nel 1888-89, la partitura orchestrale è accompagnata da un poema di sessantadue versi scritto dal violinista Alexander Ritter, maggiore di Strauss di trentun anni, marito di una nipote di Richard Wagner.

In ultimo, la fatica di Shostakovich: quella che dirigerà Muti – che del Teatro capitolino è direttore onorario a vita – è forse la più famosa sinfonia del pianista di Pietroburgo, formatosi sul piano artistico nel clima acceso della rivoluzione sovietica. A seguito della pubblicazione sulla Pravda, il 28 gennaio 1936, d’un articolo non firmato ma, si racconta, suggerito con probabilità da Stalin, l’opera “Lady Macbeth” ricevette una chiara condanna: «Confusione invece di musica». Shostakovich, che all’epoca stava lavorando alla “Quarta Sinfonia”, impaurito da minacce di morte più o meno velate da parte del “sistema” per aver egli tradito, questa l’accusa, gli ideali socialisti, ritirò la “Quarta” ed uscì con la “Quinta Sinfonia”, il cui finale contiene una spensieratezza e un ottimismo che quasi stridono con i toni tragici emergenti dal resto della partitura.

«Il giubilo – rivelò in privato il compositore – è forzato, è frutto di
costrizione. È come se qualcuno ti picchiasse con un bastone e intanto ti ripetesse: “II tuo dovere è di giubilare”. Si può dunque definirla un’apoteosi quella della “Quinta”? Bisogna esser completamente
sordi per crederlo». Il Segretario generale dell’Unione degli scrittori
Fadeev, suicida dopo la denuncia dei crimini staliniani (ai quali pare
abbia preso parte) «l’ha afferrato perfettamente – conclude Shostakovich – e nel suo diario, scoperto dopo la morte, dice che il finale della “Quinta” esprime l’irreparabilità della tragedia. Deve averlo avvertito con la sua anima di alcolizzato russo».

13 aprile 2012

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