«War Horse», l’epica targata Spielberg
Dall’omonimo romanzo di Michael Morpurgo, il nuovo film del regista americano. La storia di amicizia tra Albert e il suo cavallo Joey, separati durante la prima guerra mondiale. Una favola accorata di Massimo Giraldi
Dopo Martin Scorsese, Steven Spielberg. È una felice coincidenza quella che fa uscire in sequenza sui nostri schermi le opere più recenti dei due nomi più prestigiosi, per età e carriera, del cinema americano e internazionale. Dopo Scorsese con Hugo Cabret, è ora il turno di War Horse, diretto da Spielberg. Nato a Cincinnati nel 1946, sembra quasi superfluo ricordarlo come l’autore di quei titoli oggi diventati quasi proverbiali, entrati nell’uso comune: da Duel (l’esordio nel 1971) a Lo squalo, 1975, e poi via via Incontri ravvicinati del terzo tipo, 1977, I predatori dell’arca perduta, 1981, ET, 1982, la saga di Indiana Jones, dal 1984 al 2008, Schindler’s List, 1993, Salvate il soldato Ryan, 1998.
Il segreto di Spielberg è nella voglia inesausta di raccontare storie, nella idea-guida che accostarsi a un film deve essere per lo spettatore come leggere le pagine di un libro avvincente e carico di suggestioni. Vanno infatti in questa direzione Hook capitan Uncino, 1991, affabulante resoconto della maturazione di un rapporto padre figli attraverso i personaggi della fiaba, e, lo scorso anno, Le avventure di Tin Tin, ispirato al fumetto di Hervé.
Ora, appunto, War Horse. Il punto di partenza è offerto dal romanzo omonimo scritto da Michael Morpurgo e dal successivo adattamento teatrale curato da Nic Stafford. Si comincia ai primi del Novecento in Inghilterra. Qui, a un’asta di paese in un piccolo villaggio del Devon, Ted, piccolo proprietario terriero che vive con la moglie e il figlio Albert, compra per trenta sterline un cavallo. Rimproverato per l’eccessiva spesa, Ted trova invece conforto nel figlio che in breve tempo riesce a creare un bel legame affettivo con l’animale cui dà il nome Joey. Dopo averlo impiegato nel lavoro della terra, nel tentativo di azzerare i debiti contratti con il signorotto locale, Albert deve arrendersi all’evidenza e lasciare che il padre venda Joey all’esercito inglese.
La guerra mondiale (quella che verrà definita la prima) sta per scoppiare, l’Inghilterra scende in campo e ad Albert non resta che credere al capitano Nicholls, quando gli promette che avrà grande attenzione per la bestia. Quello che succede dopo costituisce un’epica dolente e commossa che passa il periodo bellico, arriva al «dopo», e attraverso smarrimenti, paure, ritrovamenti, scandisce le tappe di un’amicizia messa a dura prova ma infine più forte delle armi e della lontananza. L’epopea delle trincee, della campagna, dei sentimenti autentici è profusa da Spielberg con sguardo teso e commosso. Non dramma ma favola, partecipazione accorata agli sforzi, alla volontà, alla determinazione. Come il grande romanzo di una volta, in un film veramente per tutti.
20 febrraio 2012