Roma, capitale del giornalismo precario
Indagine di “Errori di stampa”: sono oltre 2mila i giornalisti con contratti atipici. Solo 800 sono nella carta stampata. Sono pagati meno di 5 euro a pezzo. Tra le richieste, una legge sull’equo compenso da Redattore Sociale
Sono oltre duemila i giornalisti precari che lavorano a Roma in tutto il sistema editoriale: oltre 800 solo nella carta stampata, cui si aggiungono i precari degli uffici stampa dei politici e quelli delle tv come Sky e la Rai. È la fotografia del giornalismo nella capitale scattata da un autocensimento realizzato dal coordinamento dei giornalisti precari di Roma “Errori di Stampa”. «Senza contratto, sfruttato, sottopagato, ricattato e non tutelato. Il giornalista precario costituisce oggi un vero e proprio “Errore di Stampa” che va corretto», dicono i fondatori del coordinamento.
Il livello della paghe può variare dai 5 euro lordi ad articolo in molti casi fino a un centinaio di euro, la media fa 30 euro lorde al giorno, tanto che la ricerca denuncia: «per guadagnare mille euro al mese si deve lavorare per 40 giorni al mese». Alcune delle reali tariffe praticate dagli editori tra quelle più basse contenute nel dossier sono i compensi a pezzo dell’Agi (dai 4 ai 7 euro), dell’Ansa (7 euro lordi a lancio), di Italpress (5 euro netti), il Sole 24 ore con 90 centesimi lordi a riga, Nuovo Paese Sera con 7 euro lordi per il sito, il Messaggero con tariffe dai 10 ai 36 euro lordi a pezzo. Ma gli articoli non sono pagati se al di sotto delle 800 battute fino al Manifesto che non paga proprio. Le spese sono sempre a carico del collaboratore per quanto riguarda i trasporti, il telefono e le attrezzature. «Esistono poi i fissi forfait “concessi” ai collaboratori assidui che variano dai 300 ai 900 euro lordi, a prescindere dalla mole di lavoro richiesta« denuncia la ricerca. Definiti come “i tariffari della vergogna”: sono queste le paghe dei freelance. Una categoria che, secondo Errori di Stampa, è composta da «autonomi non per vocazione e per scelta, ma per necessità e mancanza d’alternative».
L’anomalia e l’illegalità del mercato del lavoro giornalistico è anche nella giungla di contratti atipici: cococo, cocopro, stage gratuiti, lavoro nero, borderò, partite Iva, cessione dei diritti d’autore, contributi di solidarietà. Ci sono poi gli inquadramenti per risparmiare sul costo del lavoratore: consulenti, autori, programmisti, assistenti, segretari e addetti alla redazione. Una situazione resa ancora più pesante dalla chiusura dei giornali che si avvalevano dei fondi pubblici all’editoria e dalle crisi di altre aziende editoriali. Viene ricordato il caso EPolis finito con 130 giornalisti in mezzo alla strada e un indotto di 500 posti di lavoro venuto a mancare, il drastico taglio dei collaboratori al Messaggero e al Tempo, la chiusura della cronaca di Roma del quotidiano Libero, l’Unità i cui collaboratori aspettano lo stipendio dalla metà dello scorso anno, la chiusura di Terra e il Corriere della Sera che ha selezionato nuovi giornalisti senza prendere in considerazione i collaboratori storici.
«Ho lavorato per 8 anni a Omniroma, sono stato licenziato lo scorso agosto e da allora con collaborazioni da 5 euro nette a pezzo sono riuscito a guadagnare 250 euro al mese» racconta un giornalista del coordinamento che ha compiuto 41 anni. «Otto anni dedicati alla stessa azienda, otto anni sui quali avevo scommesso per una stabilizzazione contrattuale più sicura – dice il giornalista – al mio posto e al posto di tre colleghi cui è stato riservato lo stesso trattamento da parte dell’agenzia di stampa, oggi lavorano tre stagisti pagati a lancio».
”Errori di Stampa” lancia l’allarme: «il rischio non riguarda solo la vita di migliaia di giovani lavoratori, perché senza un’informazione libera è la stessa democrazia a essere compromessa». Il coordinamento chiede alla politica che entro la fine della legislatura venga approvata la Legge sull’equo compenso del lavoro giornalistico, attualmente bloccata fra il Parlamento e Palazzo Chigi. Al sindacato e all’Ordine dei giornalisti chiede che entro la fine dell’anno sia presentato un censimento ufficiale dei precari del giornalismo e dei tariffari in uso, azienda per azienda. Il coordinamento denuncia infine la non collaborazione dei comitati di redazione. «Per il censimento, abbiamo cercato l’aiuto dei comitati di redazione, delle testate, locali e nazionali, attive su Roma – scrivono – ci hanno risposto in pochi, spesso timidamente. Per questo abbiamo deciso di servirci del “fai da te”, attivando una rete informale di colleghi, contrattualizzati e non, per tirare fuori se non un documento scientifico, almeno una fotografia realistica della realtà romana».
16 febbraio 2012