Disabili, in discoteca senza barriere

Serata danzante per 40 ragazzi con disabilità, arrivati a Roma per una vacanza di tre giorni con l’associazione “La strada per l’arcobaleno” da Redattore Sociale

Una serata in discoteca, senza il pensiero delle scale che ci sono e del bagno che, invece, di solito non c’è. È quella che si sono potuti concedere, nei giorni scorsi, quaranta ragazzi disabili provenienti da tutta Italia, riuniti a Roma per una vacanza auto-organizzata, con il supporto dell’associazione italiana Spina bifida e idrocefalo “La strada per l’arcobaleno”, che ha sede presso il policlinico Agostino Gemelli. Tre giorni di turismo nella Capitale, all’insegna dell’autonomia, com’è da sempre nello spirito dell’associazione. Questa volta, però, con un incarico importante: testare tutti insieme l’accessibilità di una discoteca appena riadattata: la Life 85, a due passi da piazzale Clodio, proprio dietro al Tribunale, baluardo dei diritti. Come il diritto al tempo libero, che per una persona con disabilità non è poi tanto libero.

Fino a pochi mesi fa anche la Life 85, come la stragrande maggioranza delle discoteche e dei locali notturni, era un fortino inespugnabile per chiunque avesse problemi motori: una ripida rampa di scale scoraggiava l’accesso, come pure i gradini all’interno, la pedana sopraelevata e, naturalmente, la mancanza di servizi igienici adeguati. Poi Rocco De Feo, il gestore, ha provato a rifare il look al suo locale, rendendolo accessibile: «L’anno scorso, un giorno di novembre, sono stato interpellato dalla commissione della X ripartizione, che controlla i locali, e mi è stato detto che dovevo munirmi di strutture per disabili: l’ho fatto con piacere. Abbiamo adeguato l’ingresso, c’erano degli scalini e abbiamo fatto una rampa. Dentro, il locale è tutto a un piano, senza dislivelli. E abbiamo fatto un bagno adeguatissimo per i disabili».

E così, via le scale esterne e interne. Quasi tutte, in verità, perché «i quattro gradini finali sono ancora lì, troppo difficili da eliminare – ci fa notare Carla Marinelli, vicepresidente dell’associazione, riferendo le sue prime impressioni sul “test” accessibilità –. Però hanno completamente abbattuto le barriere architettoniche esterne e c’è il bagno accessibile all’interno. I quattro gradini sono oggettivamente difficili da abbattere: con un aiuto del personale tutti comunque possono entrare».

Ma cosa significa per una persona disabile andare in discoteca? Fin dove arriva il desiderio di ballare al ritmo della musica e dove inizia, invece, l’imbarazzo di lasciarsi andare? «Per una persona disabile – racconta Carla – ballare in un contesto come la discoteca può essere imbarazzante, certo. Io l’ho sempre fatto, fin da ragazza: andavo con i miei amici, mi mettevano al centro della discoteca e, per far sì che gli altri non mi travolgessero, facevano una sorta di cerchio intorno a me. Ballare è l’espressione del nostro corpo, ognuno lo può muovere come meglio crede».

«Di solito non vado in discoteca perché non sono locali attrezzati – racconta Erica, una delle ragazze del gruppo, arrivata dalla provincia di Torino –. Lascio perdere, non ci provo neanche. Non sono solo i gradini, ma gli spazi ristretti, i tavolini uno attaccato all’altro. In questo caso il locale è abbastanza spazioso, riusciamo a girarci anche se siamo tanti. Ballare è una cosa che i giovani fanno: non vedo perché un disabile non debba avere la possibilità di farlo. Certo, è più facile farlo in un gruppo come questo, in una serata speciale come questa, con tutti disabili: perché molti di noi hanno il complesso del giudizio del normdotato: ‘Aiuto, mi stanno guardando!’. Ma bisogna fare la propria vita e i normodotati si devono abituare: ci siamo anche noi!».

«Ogni tanto vado in discoteca con amici, essendo appassionato di musica – racconta Cristiano, di Roma –. In una realtà grande come la Capitale, sono tropo poche le realtà accessibili, soprattutto tra discoteche e locali. Ma altri generi di locali, come i disco pub, molto più spesso sono accessibili. La difficoltà maggiore credo però che sia il fattore psicologico di dipendere da qualcuno che è obbligato a darti una mano: quando, con semplici accorgimenti, una persone disabile potrebbe essere autonoma in tutto e per tutto, anche in discoteca».

30 dicembre 2009

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