Il cuore grande di chi sostiene i sacerdoti

L’offerta dei fedeli laici per aiutare i propri pastori è «segno tangibile di un più profondo senso di appartenenza ecclesiale» di Umberto Folena

Tocca a noi. Innanzitutto a noi. Tocca a noi fedeli laici sostenere economicamente i nostri pastori, cominciando dalla comunità nella quale facciamo esperienza concreta di Chiesa, partecipando ogni domenica all’eucaristia. Per arrivare a tutte le comunità, grandi e piccole, vicine e lontane, ricche e povere. Tutte comunque “nostre”. Questo ci ricorda la Giornata nazionale di sensibilizzazione del 23 novembre. E questo ci ricorda – tra tante altre cose – la Lettera dei vescovi “Sostenere la Chiesa per servire tutti”, dello scorso 6 ottobre. È stata scritta per ricordare i vent’anni del documento “Sovvenire alle necessità della Chiesa” e rilanciarne i valori, ecclesiali e civili, sui quali si fonda il nuovo sistema di sostegno economico. Dopo secoli si ritorna alle origini affermando: innanzitutto tocca ai fedeli sostenere i propri pastori. Lo Stato li può agevolare, ma non sostituirsi a loro. Tocca a noi. Ad esempio con le offerte per il clero. Per tutto il clero: i preti che fanno servizio pastorale in Italia, ma tutti, anche se provenienti da un Paese straniero. E i nostri preti fidei donum, che per alcuni anni si mettono al servizio di comunità di Paesi lontani, in missione.

Le offerte, bisogna ammetterlo, tendiamo a metterle in secondo piano. Sbagliando. Eppure, dici “sostegno economico alla Chiesa” e pensi subito all’otto per mille. Soltanto all’otto per mille. In realtà le forme introdotte dall’Accordo di revisione del Concordato del 1984 sono due. Ci sono anche le offerte deducibili per il clero. L’otto per mille è sicuramente più noto. Ma è anche più “facile”: non costa nulla alle nostre tasche. Invece l’offerta comporta un sacrificio, piccolo o grande. Soprattutto è il segno tangibile di un più profondo senso di appartenenza ecclesiale. Di una fede matura. L’offerta è infatti per tutto, assolutamente tutto il clero. Per il nostro parroco, che a fine mese riceve un’integrazione dall’Istituto centrale per il clero, senza mai un ritardo o un disguido; per tutti i preti italiani “in cura d’anime”, che si trovino alle prese con una grande parrocchia metropolitana o con cinque o sei minuscole parrocchie sull’Appennino più remoto, su un’isola, in una periferia degradata. Chi fa un’offerta dimostra di avere un cuore tanto grande da riuscire a pensare a tutti. L’offerta per il clero, tutto il clero, in un certo senso misura il “tasso di appartenenza ecclesiale”, la nostra reale generosità, il nostro vero altruismo.

27 novembre 2008

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