Luca Barbarossa in “Via delle storie infinite”

L’artista romano sarà in concerto al The Place il prossimo 29 aprile. A pochi giorni dal debutto del nuovo tour racconta il suo ultimo album di Concita De Simone

“Amore vedessi/ com’è bello il cielo/ a via Margutta questa sera”. Chissà quanti avranno canticchiato questo ritornello passeggiando per il centro della capitale. Potere di certe canzoni che hanno la capacità di rimanerti dentro. E dentro la storia della musica leggera. Luca Barbarossa ha cantato “Via Margutta” al Festival di Sanremo nel 1986. Da allora è tornato altre sei volte a Sanremo (vincendo l’edizione del 1992 con “Portami a ballare”) e da via Margutta è passato a “Vie delle storie infinite”, in uscita nei negozi il 25 aprile, che Luca proporrà nel concerto di martedì 29 aprile al The Place.

Un album, di 12 tracce, “suonato con musicisti in carne ed ossa” (Agostino Marangolo alla batteria, Gigi De Rienzo al basso, Mario Schilirò, Maurizio Fiordiliso, Danilo Pao, Mario Amici e lo stesso Luca alle chitarre, Adriano Pennino al piano e numerose collaborazioni come Cristiano Micalizzi e Cesare Chiodo), arricchito dalla presenza dell’orchestra di archi DIMI.

L’album si snoda tra l’amore sentimentale (come nel brano che dà il titolo all’album o in “Greta”) e il dolore per l’abbandono (“Un altro giorno”); tra la voglia di mettersi in gioco (“Forme di vita”); tra la voglia di lottare (“Invece no”), e il viaggio verso l’ignoto (“Vai vai”); tra l’armonia con noi stessi e col mondo (“Cose e Rose”) e un’analisi “tragi-comica” degli ultimi trent’anni (“Aspettavamo il 2000”); tra la speranza e la ricerca interiore (“Dio non è”) e il “Lieto fine”.

Parte così dai club e dai piccoli teatri il tour con il quale Luca Barbarossa (www.lucabarbarossa.it) presenta questo suo nuovo lavoro discografico e ogni volta, con lui, ci sarà sul palco un compagno di viaggio che lo aiuterà a raccontare il percorso di questo e di altri momenti importanti della sua vita e della sua carriera artistica (a Roma sarà Gino Castaldo de La Repubblica), facendo da ponte tra gli spettatori e Luca.

Noi lo abbiamo raggiunto a pochi giorni dal debutto, mentre sta provando una nuova chitarra e subito si scusa per il ritardo ricordandoci un vecchio detto per cui: “I chitarristi passano metà del loro tempo a provare gli accordi e l’altra metà a ricordarseli”.

Luca, tu hai spesso raccontato Roma. In via delle storie infinite, c’è un quadretto immaginario ma molto realistico. Cosa ti colpisce di Roma?
Roma è uno stato d’animo più che una città, suscita un senso di appartenenza a qualcosa di grande. C’è un rapporto particolare con la bellezza. Magari è lo stesso per chi abita a Firenze, Venezia, Montova o Praga. C’è tutto un patrimonio emozionale che sento di avere; Roma è teatro delle storie d’amore o delle storie di strada che racconto. Sono nato a Campo Marzio, a due passi da via Margutta, poi, via via, mi sono spostato e ora abito a Monteverde e continuo ad osservare la realtà partendo dalle vie di Roma.

Questo articolo si potrebbe intitolare “Luca Barbarossa si racconta in Via delle storie infinite”?
Sì, è un bel titolo. A parte che anagraficamente sono cresciuto inesorabilmente, penso davvero che questo sia il mio disco più completo. Sai, si fanno tante prove cercando una cifra stilistica, una coerenza espressiva e questo disco è frutto del passato e arriva in un momento in cui ho una consapevolezza più matura dei mie mezzi espressivi.

Ascoltando le tue nuove canzoni, si percepisce un percorso interiore che ti porta alla speranza. Che cosa vuoi dire nei brani “Dio non è” e in “Un po’ d’eternità”?
“Dio non è” è una canzone contro la strumentalizzazione del concetto di fede. Non sono un credente tradizionale, ma una persona con molte domande e nutro rispetto per ciò che non conosco e che è più alto di me. Mi dà fastidio che ognuno si personalizzi il Dio che vuole, che se lo tiri un po’ dalla sua parte come una coperta corta. La fede è una cosa intima. Il brano “Un po’ di eternità” racconta i miei travagli. Dico che mi sento “come un cane morso dalla gente”, ma poi ho incontrato una donna che ha profondamente cambiato la mia vita. E l’amore mi mette in contatto con l’infinito. Questa donna è mia moglie. Come dice sempre il mio amico Enrico Ruggeri, sono un cantante “trasgressivo” perché ho una sola moglie da molti anni e con lei ho fatto 2 figli!

L’idea di questo tour, in cui sei sul palco insieme a un interlocutore, è di raccontare la vita nelle canzoni e le canzoni nella vita. Cosa dirai al concerto al The Place?
I concerti avranno un tono colloquiale. L’intervistatore mi aiuterà a raccontare il senso di questo lavoro nuovo e un po’ di passato, i retroscena delle canzoni, la scintilla dell’ispirazione, i vari momenti della vita. E poi ci sarò io solo con la mia chitarra, per andare all’essenza di tutto.

24 aprile 2008

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