Occidente, morale divisa in due

Il cardinale Ruini al clero diocesano: rilettura del magistero di Benedetto XVI per proporre la verità di Gesù alla ragione del nostro tempo

Divisa in due parti. Così appare la morale cristiana nella situazione attuale dell’Occidente, «vittima di uno strano “odio di sé”, che va di pari passo con il suo allontanarsi dal cristianesimo». Una parte relativa ai grandi temi della pace, alla non violenza, alla giustizia, alla sollecitudine per i poveri e al rispetto del creato, che «gode di un grande apprezzamento pubblico, anche se rischia di essere inquinata da un moralismo di stampo politico». L’altra, che si riferisce alla vita umana, alla famiglia e al matrimonio, ed è «assai meno accolta a livello pubblico, anzi costituisce un ostacolo molto grave nel rapporto tra la Chiesa e la gente». Lo ha sottolineato questa mattina il cardinale Camillo Ruini, vicario del Papa per Roma, incontrando il clero della diocesi nella rinnovata aula magna della pontificia Università Lateranense. L’appuntamento era inserito nel cammino di formazione permanente del clero, con una relazione dal titolo «Al cuore dell’insegnamento di Benedetto XVI. Proporre la verità salvifica di Gesù Cristo alla ragione del nostro tempo».

Una rilettura di contenuti chiave del magistero del Santo Padre, con alcune linee di orientamento in particolare sulla questione della verità della fede cristiana e sulla necessità di «allargare gli spazi della razionalità», compito prioritario indicato da Benedetto XVI nell’attuale contesto culturale. Il cardinale Ruini ha ricordato la convinzione della «crisi profonda» del cristianesimo espressa dall’allora cardinale Raztinger e ha ripercorso i cambiamenti intervenuti nella “ragione” e quelli intervenuti nel cristianesimo. Fra i primi, la trasformazione del concetto di verità, con l’avvento dello “scientismo”, che identifica nella conoscenza scientifica l’unica propriamente vera e razionale, escludendo ciò che non è sperimentabile e calcolabile. Da qui l’esaltazione delle libertà individuali come «criterio supremo e decisivo che misura tutti gli altri e con la esclusione di ogni possibile discriminazione a danno di qualcuno».

Il risultato è una morale che fa riferimento al «calcolo delle conseguenze, utili o dannose, dei propri comportamenti e tenendo sempre come criterio regolatore quello di non limitare la libertà altrui». E tale criterio produce «un nuovo dogmatismo perché esclude ogni altra posizione. In tal modo vengono sistematicamente censurate le norme morali del cristianesimo» e diventa «inammissibile l’espressione pubblica di un autentico giudizio morale. Si è sviluppata così in Occidente – ha affermato il cardinale nella sua rilettura del magistero di Benedetto XVI – una forma di cultura che taglia deliberatamente le proprie radici storiche e costituisce la contraddizione più radicale non solo del cristianesimo ma delle tradizioni religiose e morali dell’umanità».

Un «taglio», una contraddizione che incide pesantemente sulla vita quotidiana delle persone, spesso prigioniere di una «strana penombra» e delle «spinte a vivere secondo i propri interessi, prescindendo da Dio e dall’etica». Percezione che spinge ad un atteggiamento agnostico, il quale «sospende il giudizio riguardo a Dio». Atteggiamento che però Ratzinger indica come «non concretamente vivibile» in quanto, come già spiegava Pascal, si è costretti a scegliere tra due alternative: «o vivere come se Dio non esistesse, oppure vivere come se Dio esistesse e fosse la realtà decisiva della mia esistenza». Quest’ultima scelta porta all’incontro con Cristo, «via che conduce a Dio» e «risposta, misteriosa ma convincente», al problema del male e della sofferenza, che «da sempre – ha detto il cardinale Ruini – ma con forza nuova nella nostra epoca “umanistica”, è la fonte del dubbio più grave contro l’esistenza di Dio».

Da qui si comprende la decisione di Benedetto XVI di voler realizzare il suo libro “Gesù di Nazareth”, per sottolineare l’unitarietà tra il «Cristo della fede» e il reale «Gesù storico». E indicare al mondo la forza liberatrice del cristianesimo nella vita concreta. «Nostro compito – ha affermato il cardinale rivolgendosi ai sacerdoti – è anzitutto far apparire il cristianesimo non come un semplice moralismo, ma come amore che ci è donato da Dio e che ci dà la forza per “perdere la propria vita”, e anche per accogliere e vivere quella legge di vita che è l’intero Decalogo. Così le due “parti” della morale cristiana potranno essere ricongiunte, rafforzandosi reciprocamente, e così i “no” della Chiesa a forme deboli e deviate di amore potranno essere compresi come dei “sì” all’amore autentico, alla realtà dell’uomo come è stata creata da Dio».

14 dicembre 2006

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