Verità ed equivoci sulla figura della Maddalena

Il presidente dell’Associazione biblica italiana analizza il personaggio al centro del best seller di Dan Brown di Francesco Lalli

Accompagnato dagli strascichi di una battaglia giudiziaria incentrata sull’accusa di plagio e da polemiche, più o meno accese, sullo stravolgimento strumentale della figura di Cristo, esce domani sugli schermi italiani “Il Codice Da Vinci”. Il film, tratto dal più che fortunato libro di Dan Brown, sembra seguire fedelmente le pagine del romanzo che ha mischiato in un cocktail rocambolesco e dagli esiti miliardari santo Graal, Opus Dei, Templari, Vangelo, e il grande autore della “Gioconda” e de “L’ultima cena”.

Un vero e proprio fenomeno mediatico che nel gorgo, o meglio forse sarebbe dire nell’«ingorgo», citazionistico ha il suo perno narrativo più delicato nella figura della Maddalena, indicata come sposa di Cristo e madre dei suoi figli. Ma cosa davvero si può dire di un personaggio su cui da sempre pesano incomprensioni e falsi storici? «L’autore che dà maggiore spazio e importanza alle figure femminili che accompagnano Gesù nella sua predicazione è certamente Luca – risponde al riguardo don Rinaldo Fabris, presidente dell’Associazione biblica italiana – che stabilisce attraverso di esse un parallelo, una sorta di simmetria narrativa, al gruppo dei dodici uomini». Nel gruppo delle donne c’è anche Maria di Magdala che, dice Luca, era stata guarita da Cristo che aveva fatto uscire dal suo corpo sette spiriti maligni. «Un’espressione che indica simbolicamente la liberazione da una situazione d’infermità. Lei è appunto la Maddalena». Una corrispondenza che affonda le sue radici proprio in quel “Magdala”, ovvero “del villaggio di Magdal”, espressione che in genere si traduce dall’ebraico come “torre”o “cittadina”.

«Si trattava di una donna benestante – riprende don Fabris – e di un certo stato sociale che insieme alle altre seguiva gli apostoli e spesso li sosteneva con i suoi beni, esattamente come Giovanna, moglie dell’amministratore di Erode, che pure viene citata dall’evangelista». Nulla a che vedere, dunque, con l’immagine della prostituta redenta con cui viene comunemente presentata. Un errore o, meglio, una trasformazione che si genera in una data precisa: 1591. «Fu in quell’anno, infatti, che Papa Gregorio Magno durante un’omelia finì col sovrapporre la peccatrice descritta da Luca nel capitolo sette con colei che apparteneva al gruppo delle donne del capitolo otto – precisa il sacerdote -. Un equivoco che non troviamo, ad esempio, nella Chiesa greco-ortodossa in cui le due figure sono e rimangono ben distinte». Di qui, poi, l’immagine romantica che ha accompagnato la Maddalena e che ha alimentato la fantasia degli artisti, per primi i pittori.

Di sicuro vi è la costante presenza della Maddalena durante l’esperienza della Pasqua. La ritroviamo ai piedi della Croce di Cristo e testimone della sua Resurrezione, due elementi cruciali che si spiegano proprio con la libertà di movimento di cui poteva godere solo una donna di un certo tenore e censo. «L’esecuzione di Gesù – afferma ancora il presidente dell’Associazione biblica italiana – per chi l’aveva voluta rivestiva infatti un valore politico, militare e religioso. Gli apostoli avrebbero rischiato grosso facendosi vedere in quei luoghi, mentre Maria di Magdala aveva la possibilità di essere presente senza difficoltà, cosa impossibile a chi aveva esercitato la prostituzione».

La tradizione latina, sorta quindi sulla basi di un equivoco, non è però la sola a fornire un ritratto falsato del personaggio. Ad alimentare in parte il “pastiche” di Dan Brown, infatti, vi è anche in larga parte il contributo dei cosiddetti vangeli apocrifi, ovvero un certo numero di testi antichi che partono dal II-III secolo dopo Cristo, spesso in lingua coopta, non accolti dalla Chiesa. «Qui ci troviamo di fronte ad una situazione diversa però – distingue don Rinaldo -: i vangeli apocrifi nascono dall’esperienza dei cristiani di tendenza gnostica che sotto l’influenza del mondo greco-ortodosso hanno una visione del mondo diviso tra luce e tenebre, tra un dio buono e uno cattivo, il demiurgo. La salvezza, per loro non avviene quindi attraverso la fede e le opere bensì attraverso la conoscenza e l’illuminazione che rende possibile il distacco dalla materia».

È dunque in questo alveo che prendono luce il vangelo di Tommaso, ad esempio, o quello di Filippo, in cui viene riportato addirittura un bacio sulle labbra di Gesù proprio alla Maddalena. «Questo è il classico esempio di come si può interpretare in modo letterale un testo che necessita di una lettura simbolica. Nella gnosi, infatti, la donna è simbolo della sapienza, e il bacio segna proprio il rapporto sponsale tra Dio e l’anima, la sede della sofia». Che giudizio dare allora dell’opera di Brown? «Credo sia stato abile a cucire insieme tanti stimoli diversi in una fiction – conclude don Fabris -, il problema è che egli ha la pretesa di fondare il tutto su elementi storici del tutto inesistenti. Non c’è traccia di un messianesimo monarchico nei Vangeli e anzi direi che Cristo stesso rifugga apertamente da questa prospettiva».

18 maggio 2006

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