Santa Croce in Gerusalemme

Nella comunità cistercense spicca la figura di Nennolina. Intenso l’impegno del coro Matite Colorate di Gianluigi De Palo
Le “Matite colorate” tra musica e solidarietà di Laura Badaracchi

Una parrocchia cistercense al centro di Roma. Un santuario visitato ogni giorno da migliaia di turisti legati al culto della Croce e il luogo dove è sepolta la Serva di Dio Antonietta Meo, meglio conosciuta dai romani come Nennolina. «Santa Croce in Gerusalemme – racconta il parroco, padre Gaetano Claudio Fioraso – fu ricavata dal Palazzo Sessoriano che risaliva al III secolo e che era stato la dimora degli ultimi imperatori. La tradizione vuole che sia stato Costantino nel 320 a farla costruire per custodirvi i resti della Croce». Queste reliquie sono ancora oggi conservate nella Cappella delle Reliquie a cui si giunge tramite una scala detta Calvario: qui si possono vedere conservati frammenti della Croce, un chiodo, due spine della corona di Cristo e uno dei trenta denari di Giuda.

Dei molti turisti che ogni giorno riempiono la basilica per pregare, la maggior parte sono spagnoli e tedeschi: «Noi italiani – spiega il vice parroco padre Luca Zecchetto – abbiamo approfondito maggiormente l’aspetto eucaristico. Loro, invece, sono legati al culto della Croce che forse noi dovremmo riscoprire maggiormente». La presenza delle reliquie poi è un’occasione di conversione concreta: «Ho conosciuto personalmente – interviene il parroco – persone venute a studiare i frammenti della Croce dal punto di vista archeologico, che poi, dopo trent’anni, hanno trovato la fede approfondendo il significato di quei pezzetti di legno rovinati dal tempo».

Ma Santa Croce è anche una parrocchia di Roma inserita in un quartiere molto particolare, a due passi da San Giovanni, dove, fino a qualche anno fa, abitavano i ferrovieri. «La zona sta cambiando. Se prima era molto omogenea, adesso anche dal punto di vista sociale la situazione è molto varia. C’è un ritorno delle giovani coppie che ereditano le case dei genitori». Oltre alla catechesi per i sacramenti, a Santa Croce c’è un grande oratorio che è un po’ il punto di riferimento per i bambini e i ragazzi del quartiere: «Abbiamo una grande tradizione – dice padre Claudio -. Lo abbiamo trasformato nel centro attorno al quale ruotano un po’ tutte le proposte della parrocchia. In questo modo infatti oltre a coinvolgere i ragazzi riusciamo a intercettare anche i loro genitori. Ogni pomeriggio proponiamo attività sportive e ludico-ricreative». Ma la vera forza dell’oratorio è durante il periodo estivo, quando oltre 150 bambini dai 6 ai 13 anni per tre settimane vengono accolti nei locali parrocchiali per partecipare ad un vero e proprio campo scuola cittadino con tanto di visite guidate e gite.

«Stiamo lavorando molto con l’Azione cattolica, che copre tutte le fasce di età: dai ragazzi agli adulti. Abbiamo il gruppo Roma 68 degli Scout d’Europa, un gruppo universitario che si incontra ogni dieci giorni, un gruppo giovani che si ritrova una volta al mese per approfondire il catechismo della Chiesa Cattolica. Prezioso anche il contributo del gruppo Regina della Vittoria che si rifà alla preghiera del Rosario sul modello della Madonna di Pompei». Sempre legato al culto delle reliquie c’è il gruppo diocesano di sindonologia “Giulio Ricci”. In una stanzetta adiacente alle reliquie, infatti, c’è una copia in tela dall’originale della Sindone di Torino.

Un capitolo a parte lo meritano le Matite Colorate, il coro di bambini della parrocchia famoso un po’ in tutto il mondo: «Da 8 anni – racconta padre Luca Zecchetto, l’ideatore del coro – abbiamo avviato questo progetto che ha portato grandi frutti. Abbiamo messo insieme una sessantina di bambini dai 5 ai 16 anni con i quali oltre ad aver inciso dischi facciamo delle tournè nelle parrocchie di Roma e in giro per il mondo. Ora ci hanno invitato a partecipare a uno spettacolo che porteremo nelle mete dei vari cammini-pellegrinaggi del mondo. A luglio saremo a Santiago de Compostela e poi forse a Loreto». Tra le collaborazioni importanti, oltre ad alcuni dischi con cantanti italiani di spicco, anche la sigla di “Amore”, la trasmissione televisiva in onda il sabato sera e presentata da Raffaella Carrà.

Ma, come accennato all’inizio, c’è un personaggio che spicca nella storia della parrocchia e che ne ha ormai segnato la vita pastorale. Mostrando quanto possa essere viva la vocazione alla santità, anche in una creatura semplice e di tenera età. Si tratta di Antonietta Meo, meglio nota come Nennolina. «Quando soffro, io penso subito a Gesù e allora non soffro più! Per non soffrire, è tanto semplice: invece di pensare ai tuoi dolori, pensa a quelli di Gesù, che ha tanto sofferto per noi, e vedrai che non sentirai più nulla». Queste alcune sue toccanti parole. La sua storia, a Roma, la conoscono un po’ tutti: nasce nel 1930 da una famiglia semplice che risiede nel territorio parrocchiale. È una bambina allegra e vivace, con una gran voglia di giocare. Un giorno si fa male sbattendo il ginocchio su un sasso, nel giardino dell’asilo. Il dolore non passa, i medici diranno: “osteosarcoma”. Si dovrà amputare la gamba. Inizia così per la bambina una lunga via crucis negli ospedali fino alla morte, fra atroci dolori, nel luglio 1937, a soli sei anni e mezzo. Ha lasciato un diario e più di cento letterine rivolte a Gesù, Maria e Dio Padre che rivelano una vita di unione mistica davvero straordinaria. Ora si attende che la Santa Sede – al termine del complesso iter introdotto alcuni anni fa presso il Vicariato di Roma – si pronunci favorevolmente sulla santità di questa giovanissima Serva di Dio elevandola alla gloria degli altari. Nennolina diventerebbe in questo modo la più giovane santa, non martire, della storia della Chiesa.

«Il vero miracolo – spiega padre Claudio – è la simpatia contagiosa di questa bambina conosciuta in tutto il mondo. È famosa in Perù, Brasile, Messico, Guatemala e Uruguay. Basta un’immaginetta presa in chiesa con il suo sorriso e subito l’affetto per lei si propaga. Sono molto fiducioso riguardo alla causa di beatificazione perché Giovanni Paolo II promuovendo la santità dell’infanzia ha permesso la riapertura del processo. Ora ci sono due miracoli da accertare. Uno di una donna statunitense e un altro di una signora di Napoli, tutte e due inspiegabilmente guarite dall’epatite C». Una vita semplice, quella di Nennolina, molto simile a quella di Santa Teresa di Lisieux la cui statua, quasi ad accompagnarla, troneggia nella stanza dove è sepolta la bambina.

Al lato della basilica, in perfetto stile cistercense, c’è l’orto monastico voluto fortemente dall’attuale parroco: «Sull’esempio di San Bernardo, lo abbiamo voluto costruire sul modello del giardino dell’Eden. Non è solamente un luogo dove lavorare la terra ma ha un valore spirituale. È entrare nel cuore di Roma ed assaporare la bellezza del creato». Grazie all’orto, oltre ai frutti della terra, è arrivato anche il frutto di una vocazione: «Grazie a un servizio trasmesso dalla televisione svedese sul nostro orto, un ragazzo ci ha scritto e ci ha voluto conoscere. Ora è qui da noi a fare un cammino vocazionale».

10 maggio 2006

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