8 marzo: la riflessione delle donne

Maria Grazia Fasoli (Acli) e Anna Clemente Rosi (Caritas) intervengono sul “genio femminile” in una società a misura di maschio di Federica Cifelli

«Non è, anche se rischia di esserlo, uno stanco rito». È dedicato alla Giornata della donna, anzi «delle donne, ad indicare che non solo siamo tante, ma anche diverse tra noi, per età, storie, contesti», il documento con cui le donne delle Acli festeggiano questo 8 marzo. E delle donne racconta “l’esserci”, una presenza evidente ed esigente «sul piano della qualità della vita sociale, della convivenza civile, della vitalità democratica».

«Abbiamo scelto questa come chiave di lettura del nostro manifesto – spiega la presidente del Coordinamento donne, Maria Grazia Fasoli – perché riteniamo che senza questa presenza la scena sociale, la politica, sia amputata non tanto della sua metà statistica quanto della sua ricchezza sostanziale. E anche della possibilità di un cambiamento, di una rigenerazione». Tanto più urgente in uno scenario politico-culturale sempre più arroventato, nel quale si avverte «il disagio della nostra società a guardare al futuro con fiducia».

Dare voce e corpo alla speranza. «Riaprire i giochi dell’inedito e del possibile, riaffermare una piena e dignitosa cittadinanza». Questi gli spazi aperti per il “genio femminile” indicati dalle firmatarie del documento, intitolato proprio “Esserci per cambiare la politica, per cambiare il mondo”. Quest’anno, ricorda Fasoli, che è anche membro della Commissione pari opportunità, ricorre il 60° anniversario del diritto di voto alle donne, chiamate per la prima volta alle urne il 2 giugno 1946. «Come soggetti di diritti politici siamo nate insieme alla Repubblica, insieme all’Assemblea costituente, insomma insieme a un Paese che voleva rinascere dalle macerie, materiali e morali. E La memoria non è archeologica. Vogliamo ripartire da lì per guardare al futuro. Senza la voglia di futuro non c’è democrazia vitale, non c’è dinamismo sociale».

La strada indicata è quella che coniuga la lungimiranza della visione e il realismo della proposta. «Pensiamo che tenere insieme proposte diverse sia un nostro talento relazionale, e dunque politico», si legge nel documento. Ma di talenti le donne ne hanno tanti. Ne è convinta anche Anna Clemente Rosi, responsabile del settore Studi e documentazione della Caritas diocesana, anche lei membro della Commissione pari opportunità. Eppure, afferma, «molta della retorica legata alla ricorrenza dell’8 marzo è ancora realtà». Basta pensare che l’Italia è al penultimo posto in Europa per l’accesso delle donne alle cariche politiche. Una situazione che migliora solo di poco per quanto riguarda l’accesso ai ruoli gestionali nel mondo economico e imprenditoriale. «Se si pensa che le donne sono numericamente di più degli uomini, direi che decisamente i conti non tornano», osserva.

Radicalmente diverso il discorso per quanto riguarda la presenza femminile nel lavoro quotidiano, in particolare in tutti quei settori che richiedono la cura e l’attenzione alla persona: dall’insegnamento al volontariato, alle professioni assistenziali e così via. «Lì – afferma Clemente Rosi – si trovano solo donne. Nella società civile sono tante. Il problema, ancora una volta, è che non riescono ad accedere ai ruoli “di comando”, se così si può dire, perché la nostra società è ancora strutturata intorno ai ritmi e alle esigenze dell’uomo». A cominciare proprio dal mondo del lavoro, per continuare con quello della politica, «dove parlando di donne si deve parlare di “quote”, perché i partiti non danno loro spazio. È vergognoso». Mancano i servizi, mancano gli strumenti concreti per rendere più facile la conciliazione tra vita e lavoro. E intanto l’indice delle nascita resta stazionario intorno allo zero o poco più. E il Paese invecchia. Nel 2006, osserva la responsabile Caritas, «abbiamo ancora il problema della donna che non ha un proprio spazio, e forse non sa bene neanche lei come fare a conquistarlo. Quest’anno però vedo un impegno veramente serio nella riflessione intorno alla questione femminile: un 8 marzo meno ludico, con la voglia di stare insieme e di discutere di questi problemi. Credo che sia questo il percorso da seguire. Senza abbandonarlo dopo l’8 marzo».

8 marzo 2006

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