Anniversario della guerra in Ucraina. La preghiera della Chiesa di Roma

Appuntamento il 24 febbraio alle 18 a San Giovanni in Laterano. “E la pace non avrà fine”: questo il tema della veglia, presieduta da De Donatis. La testimonianza del vescovo Pero Sudar, emerito di Sarajevo, che racconterà il conflitto che negli anni ’90 insanguinò i Balcani

Sulle sedie ci saranno rami di ulivo preparati dai senza dimora ospiti della Cittadella della Carità della Caritas Santa Giacinta. Un canto sarà intonato dal coro del Pontificio Collegio Ucraino di San Giosafat. E i nomi dei tanti Paesi in guerra verranno ricordati durante la liturgia. Saranno tanti i segni nella veglia di preghiera “E la pace non avrà fine” di venerdì 24 febbraio, alle 18, nella basilica di San Giovanni in Laterano, presieduta dal cardinale vicario Angelo De Donatis; potrà essere seguita anche in diretta televisiva su Telepace (canale 75 a Roma e Rieti) e in streaming sulla pagina Facebook della diocesi.

Alla preghiera, voluta a un anno esatto dall’inizio del conflitto armato in Ucraina, parteciperà il vescovo Dioniso Lachovicz, esarca dei cattolici ucraini di rito bizantino in Italia. La veglia nasce dal desiderio di pregare insieme di tutte le realtà della diocesi impegnate nella carità, nell’accoglienza e nel sostegno ai profughi ucraini giunti in Italia: gli Uffici Caritas e Migrantes diocesani, innanzitutto, e poi la Comunità di Sant’Egidio, il Centro Astalli, l’Opera Don Calabria, gli Scalabriniani, i Comboniani, i Vincenziani. Ma sono tanti i gruppi che vogliono esserci e dare il proprio contributo, come la comunità congolese, che offrirà un canto, o, come detto, i poveri ospitati nella struttura della Caritas di Ponte Casilino. Durante la veglia, inoltre, quattro persone porteranno la propria testimonianza; tra gli altri il vescovo Pero Sudar, emerito di Sarajevo, racconterà il conflitto che, negli anni Novanta, insanguinò la ex Jugoslavia.

«Il 24 febbraio – riflette il cardinale De Donatis – si compirà un anno dall’inizio del conflitto in Ucraina. Dodici mesi intensi di sofferenze di cui seguiamo gli sviluppi in una spirale sempre più minacciosa. Purtroppo, oltre a non vedere spiragli di luce per la cessazione delle ostilità, siamo preoccupati per il dibattito pubblico che propone le armi come unico strumento per ristabilire la pace. Noi, come credenti, non possiamo accettare questo: non vogliamo rassegnarci alla mancanza di soluzioni per una pace vera. Non ci illudiamo nemmeno che la via della pace e della riconciliazione siano facili da percorrere. Eppure, questa pace la chiediamo al Signore, vogliamo costruirla nel nostro quotidiano, con le nostre azioni piccole e grandi». Tutti in preghiera per chiedere il dono della pace e per «rinnovare la nostra volontà di essere operatori di pace», sottolinea il vescovo Benoni Ambarus, responsabile diocesano dell’ambito della diaconia della carità. Per questo durante la veglia verranno «chiamati per nomi tutti i Paesi che oggi sono in guerra – anticipa il presule -, come una litania, per aiutarci ad allargare i nostri orizzonti».

In questi dodici mesi sono stati centinaia i profughi ucraini accolti a Roma, da associazioni, movimenti, comunità. Tramite la Caritas diocesana sono arrivate 177 persone in fuga dalle bombe, di cui 77 minori. Un’accoglienza effettuata in modalità “diffusa”, fatta in piccoli gruppi, in case, parrocchie, famiglie, istituti religiosi e centri. Come nel caso di Ilona, neanche trent’anni, di Odessa, arrivata con il piccolo Mikhail di 2 anni; abitano a casa di Paola, che aveva da poco perso una figlia, e li ha accolti come membri della famiglia. O di Sofiia, 14 anni, che a causa di una granata ha perso la mamma, la casa dove viveva e il braccio sinistro. Arrivata a Roma con il papà, è riuscita a riprendere le lezioni di equitazione che già frequentava in Ucraina, grazie agli operatori Caritas e al Centro Ippico Montemario.

21 febbraio 2023