Anche una bimba di 1 anno e mezzo tra le vittime dell’ultimo naufragio nel Mediterraneo

Almeno 7 i morti, tra cui probabilmente altri minori. Milano (Save the Children): «Porre il diritto alla vita al primo posto nelle decisioni sulle politiche migratorie»

Una bambina di 1 anno e mezzo e, con lei, altre 7 persone, tra cui probabilmente altri minori. Si torna a contare le vittime del Mediterraneo, a Lampedusa. E ancora una volta sono bambini. Ieri sera, 20 novembre, un barchino di latta ha urtato gli scogli e si è ribaltato a Capo Ponente, quando a bordo già si faceva festa per l’approdo ormai vicino. 43 i migranti che sono stati recuperati dalle motovedette della Capitaneria di porto; due giovani dai due pescatori lampedusani sulla costa di Muro Vecchio.

«Dolore e sgomento» nella reazione di Save the Children, che ricorda che dall’inizio dell’anno, stando ai dati dell’Unhcr, nel Mediterraneo sarebbero morti o dispersi 2.595 migranti, di cui 1.664 solo nel Mediterraneo centrale, in aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quando il bilancio era rispettivamente di 2.310 in tutto il Mediterraneo e di 1.422 in quello centrale. Dal 2014 sarebbero più di 28mila le persone morte o disperse nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere un futuro migliore. Più di 1.110 sarebbero bambini, ma probabilmente il numero è molto più alto.

A parlare è Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia – Europa di Save the Children. «Dal naufragio di Lampedusa del 2013 questi drammatici eventi si sono ripetuti senza che nulla sia cambiato – rileva -. Le persone fuggono da guerre, persecuzioni, violenze, povertà estrema, crisi umanitarie e continuano a rischiare la propria vita, affidandosi ai trafficanti, in mancanza di vie legali e sicure, per raggiungere l’Europa, sfidando la traversata di una delle rotte più letali al mondo, perdendo troppo spesso la vita. Non ci stancheremo mai di chiedere un’assunzione di responsabilità comune dell’Italia e degli altri Stati membri dell’Unione europea per la messa in campo di un sistema coordinato e strutturato di ricerca e soccorso in mare per salvare le persone in difficoltà, agendo nel rispetto dei principi internazionali e dando prova di quella solidarietà che è valore fondante dell’Unione europea».

Per Milano, «questa ennesima tragedia mette l’Italia e l’Europa di fronte alla necessità di porre il diritto alla vita al primo posto nelle decisioni sulle politiche migratorie. Le ingenti risorse che vengono investite nella deterrenza della migrazione – l’ultimo esempio ne è l’Accordo Italia Albania – dovrebbero invece essere prioritariamente utilizzate per l’attivazione di un sistema europeo di ricerca e soccorso in mare, per l’apertura di vie legali di accesso per lavoro o studio dedicate ai giovani, nuovi meccanismi di ricongiungimenti familiari, l’attivazione di corridoi umanitari e di evacuazione per le persone in fuga».

21 novembre 2023