In Aula Paolo VI domani, giovedì 5 gennaio, ci saranno anche i terremotati provenienti dalla diocesi di Ascoli Piceno, per prendere parte all’incontro voluto da Francesco con le popolazioni colpite dal terremoto. «Verranno quasi tutti i terremotati, quelli che possono – anticipa il vescovo Giovanni D’Ercole -. Saremo una decina di pullman, quindi cercheremo di portare la loro presenza. La parola del Papa, che è ci è stato sempre vicino, sarà sicuramente di grande conforto. Anche questi sono gesti che incoraggiano e danno speranza».

Raggiunto dalla Radio Vaticana, il presule racconta il Natale vissuto da chi ha perso tutto, «con una certa tristezza, ma anche con grande solidarietà perché noi abbiamo cercato di stare con loro. Ho celebrato la Messa della notte di Natale con loro – continua -; abbiamo messo in atto varie iniziative perché non si sentissero soli e, vedere spuntare un sorriso sul volto di persone anziane che rimpiangevano le loro case distrutte o di bambini che si trovano spaesati magari negli alberghi fuori dai loro contesti, per noi è stato il segno che qualcosa insieme si può fare».

Il vescovo riferisce di una «presenza costante» di volontari nelle zone terremotate – «sono più di 150» -, che stanno incessantemente accanto alle vittime del sisma. «Stiamo accogliendo vari gruppi che vengono da ogni parte di Italia a trascorrere alcuni giorni qui. Sono venuti tanti giovani dalla Puglia, dalla Lombardia, dall’Emilia Romagna». Anche grazia a loro, «stiamo mettendo in atto dei progetti che non siano interventi momentanei – prosegue D’Ercole – ma che facciano parte di un percorso che duri per tutto l’anno e anche oltre». Come “La bottega della speranza”, che «raggruppa varie iniziative che riguardano i bambini, i giovani, gli adulti, gli anziani e anche coloro che hanno degli handicap. Per ognuno di loro stiamo lavorando per trasformare il terremoto da un disastro geologico e morale, che ha distrutto le persone, in un’opportunità per creare qualcosa di nuovo».

Dal terremoto, riflette ancora il presule, si è generato un clima di accoglienza reciproca che «spero possa mantenersi e possa essere segnale di una ripartenza, di un nuovo modo di stare insieme. Il terremoto ha distrutto – osserva -, ma grazie al Signore stiamo cercando di ripartire insieme. Ci troviamo sempre nella precarietà: una precarietà condivisa dove la gente terremotata percepisce sempre più che non è sola». Infatti, «a livello locale si sta creando una sinergia per cui si lavora sempre di più insieme. È un aspetto che mi piace mettere in luce: i terremotati non sono delle persone da assistere ma sono dei protagonisti che insieme ai volontari costruiscono qualcosa di nuovo per loro stessi».

4 gennaio 2016