Anagrafe dei senza dimora, le preoccupazioni delle associazioni

I timori legati alla delibera della giunta capitolina in materia (3 marzo), relativamente all’accessibilità e all’effettivo futuro esercizio del diritto di residenza

I timori legati alla delibera della giunta capitolina in materia (3 marzo), relativamente all’accessibilità e all’effettivo futuro esercizio del diritto di residenza

Vertono intorno al tema dell’iscrizione anagrafica delle persone senza fissa dimora i timori delle associazioni attive nel territorio romano. Caritas diocesana, Comunità di Sant’Egidio, Centro Astalli, Esercito della Salvezza e Focus-Casa dei diritti sociali affidano a un comunicato stampa le loro preoccupazioni per la deliberazione della giunta capitolina del 3 marzo scorso in materia di iscrizione anagrafica dei senza casa romani. Le cinque organizzazioni, «che hanno assicurato questo prezioso servizio a titolo gratuito e con personale esperto in oltre 20 anni di collaborazione con il Comune di Roma», precisano nel testo, dopo aver incontrato i rappresentanti del Campidoglio, ribadiscono perplessità «relativamente all’accessibilità e all’effettivo futuro esercizio del diritto di residenza».

Solo con l’iscrizione anagrafica, spiegano, si può «richiedere un documento di identità, esercitare il diritto di voto, ottenere l’assistenza sanitaria e tutte le misure sociali collegate alla residenza». Allo stesso modo, solo risultando iscritti all’anagrafe è possibile chiedere la cittadinanza, il riconoscimento di invalidità o riscuotere la pensione. Questo avviene oggi a Roma per circa 20mila persone, «18 mila delle quali non più “invisibili” grazie al lavoro di prossimità delle associazioni e solo 2 mila per opera delle strutture comunali». In particolare, è il timore delle organizzazioni firmatarie della nota, la nuova procedura rischia di non garantire tale servizio a tutti i cittadini in situazioni di fragilità sociale, «penalizzando quanti hanno meno possibilità di incontrare la pubblica amministrazione». Di qui la richiesta di risolvere al più presto le criticità della delibera, che pure, riconoscono, ha il merito di investire «finalmente» l’amministrazione pubblica «di un ruolo che le è proprio».

Un’adeguata preparazione degli impiegati e un incremento delle risorse: queste le premesse necessarie per poter affidare in modo esclusivo questo servizio ai municipi, senza innescare «problemi effettivi di esigibilità dei diritti». Dai tempi di attesa «molto lunghi» alla mediazione culturale per gli stranieri; «dal servizio di casella postale per la corrispondenza fiscale e amministrativa (all’indirizzo del municipio arriveranno tutte le comunicazioni indirizzate alle persone) all’assistenza nella compilazione della modulistica». Ancora, l’elenco delle casistiche problematiche prosegue con i cittadini stranieri impegnati come lavoratori domestici ai quali assicurare i datori di lavoro non consentono l’iscrizione anagrafica pur vivendo presso di loro; i rifugiati o altri titolari di protezione internazionale che, terminato il periodo legale di accoglienza nei centri predisposti, si trovino senza alloggio ma siano in effetti presenti sul territorio comunale; i nuclei familiari in situazioni di indigenza.

Ancora, «vanno riconosciute le nuove figure di “senza tetto” e “senza fissa dimora” connesse, in particolare, all’allontanamento dalla famiglia (separazioni e divorzi) e quindi alla perdita dell’uso della casa familiare». Molto diffuso anche il caso «particolare» di quanti chiedono il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis perché discendenti di cittadini italiani, per i quali l’iscrizione anagrafica è un passaggio necessario del procedimento ma che si trovano spesso a Roma come ospiti presso amici o parenti, o come clienti di piccoli alberghi, pensioni o altri tipo di ospitalità. «Le cinque organizzazioni – si legge nella nota – vigileranno affinché sia assicurato il diritto di residenza a tutti e ribadiscono la disponibilità della loro esperienza pluriennale a fianco dei più deboli».

6 aprile 2017