Amnesty: Myanmar, «Onu imponga embargo alle armi»

«L’esercito di Myanmar sta uccidendo e costringendo alla fuga i Rohingya nel contesto di una campagna di crimini contro l’umanità che costituiscono pulizia etnica» ha dichiarato la direttrice Tirana Hassan

Amnesty international ha chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che ieri si è riunito in una sessione pubblica sulla situazione nello stato di Rakhine in Myanmar, di «fare tutto il possibile per porre fine ai crimini contro l’umanità e alla pulizia etnica in corso contro la popolazione civile Rohingya in Myanmar, anche imponendo un embargo totale sulle armi dirette verso il Paese».  «L’esercito di Myanmar sta uccidendo e costringendo alla fuga i Rohingya nel contesto di una campagna di crimini contro l’umanità che costituiscono pulizia etnica – ha dichiarato Tirana Hassan, direttrice di Amnesty International per le risposte alle crisi -. Gli Stati membri del Consiglio di sicurezza devono chiedersi da quale parte della storia vogliono stare e fare tutto ciò che è nelle loro possibilità per porre fine a questo incubo. Insieme, hanno il potere di premere su Myanmar perché ponga termine al ciclo di violenza».

La riunione del Consiglio di sicurezza si svolge quasi un mese dopo l’inizio della brutale campagna dell’esercito di Myanmar nello Stato di Rakhine, lanciata all’indomani degli attacchi armati contro decine di posti di blocco rivendicati dall’Esercito di salvezza dei Rohingya dell’Arakan (Arsa), con almeno 12 morti tra le forze di sicurezza. Da allora, quasi mezzo milione di rifugiati ha oltrepassato il confine col Bangladesh, poco meno della metà di 1.200.000 abitanti dello Stato di Rakhine. In poco più di un mese i morti sono stati centinaia.

Le forze di sicurezza hanno incendiato interi villaggi Rohingya e sparato sugli abitanti in fuga. Nonostante il governo sostenga che le operazioni militari siano terminate, Amnesty ha verificato che gli incendi sono stati appiccati fino alla settimana scorsa. La situazione è resa peggiore dalle limitazioni che Myanmar ha imposto all’arrivo degli aiuti umanitari nello Stato di Rakhine, con il rischio che sopraggiunga la fame. «La crisi è tutt’altro che finita e le violazioni dei diritti umani proseguono incontrastate. Ora più che mai il mondo deve prendere una forte posizione e premere su Myanmar e sulle sue forze di sicurezza affinché cessino l’orrore», ha commentato Hassan.

Intanto «il tragico incidente costato la vita ad almeno 14 persone – tra cui diversi bambini – nelle acque del Golfo del Bengala rappresenta un triste richiamo sugli straordinari rischi che corrono i disperati Rohingya per sfuggire alle violenze che opprimono la loro patria». Lo ha detto l’Unicef commentando il naufragio di una imbarcazione di profughi Rohingya in fuga dalle persecuzioni in Myanmar.

«Si ritiene che decine di altre persone siano morte durante simili viaggi da quando è scoppiata l’ultima crisi nello stato di Rakhine, a fine agosto – riferisce l’Unicef -. Complessivamente, nelle ultime settimane più di 250 mila bambini del Myanmar si sono rifugiati nel Bangladesh meridionale». L’Unicef chiede supporto internazionale agli sforzi portati avanti dal governo del Bangladesh per fornire aiuti umanitari urgenti e garantire la tutela dei diritti dei bambini.

 

29 settembre 2017