“Amelia”, l’impegno per i detenuti e la lotta alle dipendenze

Tra le attività dell’associazione anche l’aiuto ai reclusi trasferiti al penitenziario di Rebibbia dal carcere di Camerino in seguito al terremoto

Reinserire nella società i detenuti e le persone con dipendenze patologiche. Tra i quali ci sono tanti giovani, immersi nella spirale della delinquenza, ma soprattutto della droga. Cocaina in primis. Un vizio dal quale non riescono più a staccarsi. E che sostituiscono immediatamente con altri, come il gioco o l’alcolismo, quando se ne liberano. È la missione di “Amelia”, cooperativa nata nel 2000 con la forma giuridica di associazione di volontariato, diventata dal 2015 associazione di promozione sociale, con sede a San Benedetto del Tronto.
Un’idea nata dalla forte volontà di Enrica Flammini, la presidente. «Sono un’educatrice professionale, ho lavorato tantissimi anni nelle comunità terapeutiche per tossicodipendenti – racconta Flammini-. Ho deciso di fondare questa associazione per offrire un percorso rieducativo a chi, a causa della delinquenza o di una dipendenza, ha perso completamente i propri valori. Cerchiamo di donare loro una nuova autonomia. Ci occupiamo in particolare dei detenuti dei penitenziari di Marche e Abruzzo – continua la presidente-. Inoltre, aiutiamo anche coloro che sono stati a trasferiti a Rebibbia dal carcere di Camerino, in seguito al terremoto».
Per quanto riguarda i soggetti che hanno pagato il loro debito con la giustizia, Amelia offre un percorso rieducativo della durata di 6-8 mesi: «Lavoriamo su due aspetti – spiega Flammini -. Doniamo ai nostri ospiti un supporto psicologico e permettiamo loro di mettersi alla prova con laboratori artigianali. Possono lavorare il legno, pitturare, cucire. Tutte operazioni di precisione e pazienza che servono per temprare il loro carattere». Diverso è il caso dei soggetti che stanno scontando la pena, per i quali il percorso dipende dalla legge.
Per i laboratori Amelia mette a disposizione un centro diurno di quasi 300 metri quadrati. Inoltre, all’interno della struttura è presente anche una casa alloggio di 150 metri quadrati, dove gli utenti possono dormire. E un locale di 200 metri quadrati utilizzato per le raccolte alimentari per i detenuti e le loro famiglie. I lavori creati nei laboratori servono anche per sostenere economicamente l’associazione, la quale è in piedi grazie al contributo di venti volontari, alcuni anche professionisti del proprio settore, che contribuiscono all’organizzazione delle iniziative. «Abbiamo una psicoterapeuta due psicologhe, tre educatori professionali, due operatori interni, un’assistente sociale e una criminologa, due maestri d’arte, due legali e sei operatori esterni – racconta la presidente -. Ci sono anche molti studenti universitari di Macerata, Pescara, Chieti e Bologna che rimangono ad aiutarci dopo aver fatto il tirocinio da noi”. L’associazione però, si sostiene grazie alle donazioni di privati cittadini, alle sponsorizzazioni di esercizi pubblici e professionali, con il 5 per mille e con le donazioni delle parrocchie. L’attività è svolta in maniera totalmente gratuita.
Attualmente sono quaranta gli utenti aiutati da Amelia. «In molti ce la fanno – afferma Enrica Flammini. Il settanta per cento riesce a trovare un lavoro e mettere su famiglia. Alcuni di loro sono rimasti con noi come operatori interni per testimoniare la loro storia. Un buon trenta per cento, però, fatica a ritrovare la propria strada. In questi numeri sono presenti purtroppo molti giovani affetti da tossicodipendenza». I prossimi obiettivi sono chiari: «Vorrei continuare più a lungo possibile con la mia attività, ma per farlo avrei bisogno di maggiore supporto dalla Regione. Non basta il 5 per mille. Vorrei che ci aiutasse assumendo qualcuno dei nostri volontari, affinché Amelia possa contare su un’assistenza più costante e su una maggiore continuità di lavoro».