Ambarus: accoglienza dei profughi, l’attenzione alle fragilità

Il racconto del viaggio con Caritas italiana ai confini con l’Ucraina. Le immagini più significative. Il vescovo: «È come se avessimo toccato con mano la durezza assurda della guerra. Non eravamo più abituati ad averla “in casa”. Ora ci rendiamo conto del dono della pace»

Siret, confine tra Romania e Ucraina. Una famiglia con nonna, figlia e quattro bambini, uno con la pianola e un altro con chitarra e altoparlante, «la passione nel cuore, lo sguardo perso nel vuoto e il futuro sospeso». E ancora, giovani al confine con la scritta “Benvenuti” in ucraino e un mazzo di fiori in mano per le donne in fuga dalla guerra dopo un viaggio durato giorni al freddo, magari per chilometri a piedi. Chisinau, Capitale della Moldavia: ragazzi con la scritta “Aiuto! Mi importa” sulle pettorine – come il celebre “I care” di don Milani – impegnati a fare i traduttori nell’accoglienza ai profughi; tre giovani donne, due delle quali già madri, con i mariti al fronte e l’ansia per la loro sorte e un’incerta sistemazione in Spagna per andare lontano dal fragore dell’artiglieria.

Sono tra le immagini più significative che il vescovo ausiliare Benoni Ambarus, delegato per la carità nella diocesi di Roma, sceglie per raccontare il suo viaggio nei territori di Romania e Moldavia al confine con l’Ucraina, tra i profughi in arrivo dal Paese martoriato dalla guerra. Un viaggio compiuto nei giorni scorsi con don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, con altri rappresentanti dell’organismo nazionale e con uno del dicastero vaticano per il Servizio dello sviluppo umano integrale. Un viaggio finalizzato a toccare con mano la generosità e insieme le difficoltà dell’accoglienza in quei Paesi, per organizzare al meglio «il sostegno alle Chiese sorelle in prima linea su questo fronte», come sottolinea il presule nato in Romania, e l’ospitalità degli ucraini in Italia e in particolare a Roma.

Il flusso in arrivo è impressionante. In Moldavia, su 2 milioni e mezzo di abitanti, sono già transitate 300mila persone; ora a causa della situazione di Odessa ne potrebbero arrivare altre centinaia di migliaia. Più o meno lo stesso numero di profughi è stato accolto in Romania; cifre cinque volte superiori in Polonia. La Caritas Italiana si è messa subito a disposizione, stanziando inizialmente 100mila euro per la Moldavia e organizzando due voli umanitari per portare a Roma il 22 e 23 marzo da Varsavia 400 profughi vulnerabili. «C’è un’attenzione alle fragilità, soprattutto anziani e giovanissime mamme con bambini, affinché possano essere accolte da una rete sicura», spiega Ambarus. Il viaggio, segnato da incontri con i vescovi, i direttori delle Caritas, i sindaci locali e i responsabili dei campi attrezzati, è servito anche ad avviare una riflessione sull’accoglienza in Italia.

viaggio ai confini dell'ucraina con caritas italiana, accoglienza profughi, 10-15 marzo 2022«Questi profughi e questa guerra – osserva il vescovo – ci portano a rivedere il nostro know-how sull’accoglienza perché ci sono tantissime mamme con bambini, perfettamente autonome. Non serviranno quindi grandi centri di accoglienza, se non in prima battuta. Ci sarà bisogno di “facilitatori” in grado di accompagnare queste persone che vorranno trapiantarsi qui e percorrere la loro strada». Un cambiamento culturale legato alla peculiarità di questo conflitto arrivato a poche decine di chilometri dai confini dell’Unione europea. «È come se ci rendessimo conto davvero del dramma della guerra – sottolinea il vescovo -. Quelle in Africa o nel Medio Oriente sembravano difficili da credere, solo gli operatori avevano potuto constatare le cicatrici di questi conflitti. È come se avessimo toccato con mano la durezza assurda della guerra, e questo sta cambiando l’approccio anche verso gli altri profughi. L’Occidente non era più abituato ad avere la guerra “in casa”, nonostante il mondo da sempre sia pieno di conflitti, che però non abbiamo percepito nella loro gravità. Ora ci rendiamo conto del dono enorme della pace».

Un dono che più volte il Papa in queste settimane ha chiesto di invocare, unendo i suoi appelli alla cessazione della guerra, fino alla decisione di consacrare la Russia e l’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria nella celebrazione penitenziale che presiederà venerdì 25 marzo. «Nella situazione in cui ci troviamo, diventa naturale il grido alla “Regina della pace” – afferma Ambarus -. La Madonna ha un ruolo importantissimo per questi Paesi, per il mondo ortodosso. È come se il Papa dicesse: dobbiamo alzare le mani costantemente verso di lei. È come se avesse raccolto il respiro spirituale del popolo di Dio per trasformarlo in un unico fiume di intercessione con questo atto di consacrazione di entrambi i Paesi. Significa dire: “Sono tutti figli e fratelli suoi, li portiamo sotto il tuo manto”».

18 marzo 2022