Alzheimer, la memoria virtuale alleata dei malati

Presentata al ministero della Salute “Chat Yourself”, la nuova applicazione nata dall’unione tra nuove tecnologie e social: un “assistente” a portata di click, pronto a venire in aiuto nei momenti di blackout

Un’applicazione installata sul cellulare da consultare in qualsiasi momento della giornata per ricordare la propria identità. Un assistente virtuale a portata di click pronto a venire in soccorso durante i black out della memoria. È “Chat Yourself”, il primo chatbot per aiutare chi è affetto da alzheimer nella prima fase della malattia. Nata dall’unione tra le nuove tecnologie e i social, la chat può essere consultata all’occorrenza dal malato per ricordare i nomi dei familiari, il posto in cui si vive e come raggiungerlo. Il progetto è stato messo a punto dall’agenzia Young & Rubicam con il patrocinio di Italia Longeva (network dedicato all’invecchiamento, creato dal ministero della Salute, dalla Regione Marche e dall’Irccs Inrca) e la collaborazione di Facebook ed è stato perfezionato grazie ad un team di neurologi, geriatri e psicologi.

In vista della Giornata mondiale dell’alzheimer che si celebra il 21 settembre questa mattina, martedì 11 settembre, la nuova applicazione è stata presentata nel corso di una conferenza stampa al ministero della Salute su “Alzheimer: non perdiamolo di vista. Dalla  memoria virtuale un aiuto concreto per chi affronta le prime fasi della malattia e per le loro famiglie: l’esperienza di Chat Yourself”. La sua diffusione è sostenuta da una campagna social che vede in prima linea esperti e familiari e presto anche testimonial del mondo della cultura e dello spettacolo. In Italia sono circa 2 milioni le persone affette da demenze e di questi oltre 600mila quelle colpite da alzheimer, pari al 4,7% della popolazione anziana; percentuale che sale al 14,2% se riferita alle donne ultraottantenni (ne soffre una donna su 7, il doppio dei coetanei uomini). Circa 3 milioni i soggetti direttamente o indirettamente coinvolti nell’assistenza ai malati, i cui costi sono stimati intorno agli 11 miliardi di euro, di cui il 73% a carico delle famiglie. Le demenze, e l’Alzheimer in particolare, rappresentano la quinta causa di morte in Italia.

Nelle prime fasi della malattia i chatbot rappresentano un aiuto concreto non solo per preservare la dignità e l’indipendenza dei malati ma anche per aiutare i familiari a vivere più serenamente. “Chat Yourself”, disponibile e accessibile a tutti gratuitamente dalla pagina Facebook, aiuta a ricordare chattando con se stessi. Un assistente virtuale memorizza l’intera vita di una persona, compresi i gusti culinari, e restituisce queste informazioni vitali in tempo reale, 24 ore su 24. «Per l’Italia, Paese più vecchio al mondo con il Giappone, le demenze rappresentano un problema sociale ogni giorno più grande – ha dichiarato Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva e direttore del dipartimento Scienze dell’invecchiamento, neurologiche, ortopediche e della testa-collo della Fondazione Policlinico A. Gemelli -. Ciò vale in particolar modo per l’alzheimer, senza dubbio la forma di demenza più prepotente e violenta. Aspettiamo disperatamente tutti una terapia specifica e in attesa di cure efficaci una strada percorribile nelle prime fasi dopo la diagnosi è quella di sfruttare le risorse della tecnologia».

Chat Yourself, ha affermato ancora Bernabei, «è nato con questo obiettivo: contenere il danno provocato dalla malattia, affiancando all’impegno dei propri cari un aiuto concreto a ricordare». L’Alzheimer infatti comporta un lento e progressivo decadimento delle funzioni cognitive, dovuto all’azione di due proteine che si accumulano nel cervello causandone la morte cellulare. Fondamentale è una diagnosi precoce. «Evidenze scientifiche ci dicono che l’attacco ai neuroni e ai circuiti nervosi inizia almeno 15-20 anni prima della comparsa dei “tipici” disturbi della memoria – ha spiegato Paolo Maria Rossini, direttore dell’area Neuroscienze della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS -Università Cattolica -. Il limite dei trattamenti terapeutici sin qui tentati è stato proprio quello di essere somministrati in presenza di una sintomatologia già conclamata. Per questo motivo gli sforzi della ricerca sono sempre più tesi a individuare le caratteristiche precocissime così da intervenire il prima possibile con trattamenti specifici e supporti tecnologici».

Dopo aver illustrato i sintomi cognitivi e comportamentali della malattia Rossini ha evidenziato che l’Italia è in prima fila in questa attività di ricerca con il progetto Interceptor, progetto di medicina sociale che ha l’obiettivo di intercettare con precisione i soggetti che svilupperanno la patologia di Alzheimer, che «non colpisce solo il malato ma l’intero nucleo familiare – ha ricordato Patrizia Spadin, presidente di Aima (Associazione italiana malattia di alzheimer -. Le tecnologie digitali possono contribuire al miglioramento della qualità di vita di tutti i soggetti coinvolti. E i social network possono essere degli straordinari alleati perché consentono di vivere la malattia in una dimensione collettiva e partecipata, che aiuta ad avere una maggiore consapevolezza del problema».

Per Marco Ruggeri, general manager di Young & Rubicam Roma, «la creatività, unita alla conoscenza dei nuovi media e con l’ausilio della tecnologia, supera i confini del convenzionale per generare valore, nel suo ambito specifico e nella società».