«Almeno credo»: cattolici, ebrei e musulmani a scuola di pace

Il docufilm di Gualtiero Peirce dieci anni dopo ritrova e fa riparlare i bambini di «Primo giorno di Dio». Andrà in onda il 9 marzo su Tv2000

Il docufilm di Gualtiero Peirce dieci anni dopo ritrova e fa riparlare i bambini di «Primo giorno di Dio». Andrà in onda il 9 marzo su Tv2000 

Nelle loro preghiere, i bambini chiedono a Dio cose semplici. Nonostante la diversità di luoghi, abiti, rituali e religioni, sono in grado di dialogare con Lui abbattendo le barriere dei grandi; è questa la sensazione che il regista Gualtiero Peirce ebbe dieci anni fa girando il documentario “Primo giorno di Dio”. I protagonisti erano dei bambini cattolici, ebrei e musulmani che raccontavano, nel quotidiano, la propria visione di Dio. Quegli stessi bambini, dieci anni dopo, sono diventati degli adolescenti. Peirce li ha rintracciati e su di loro ha girato “Almeno credo”, il docufilm presentato il 7 marzo alla Filmoteca vaticana, che andrà in onda su Tv2000 giovedì 9 marzo alle 21.05.

Anche questa volta, come in
passato, il racconto è basato esclusivamente sulle loro voci; si intrecciano come in un dialogo a distanza. Molti di loro spiegano di essere ancora guidati dalla fede, sono spinti da grandi sogni e trattenuti dalle paure di un’età e di un mondo difficili. È “fiducia” la parola chiave. La stessa per la quale ringrazia Peirce durante la conferenza di presentazione: «Senza la fiducia delle comunità romane cattolica, ebraica e musulmana non avremmo potuto girare questo film. Dieci anni fa gli insegnanti e i genitori di questi ragazzi affidavano alle nostre telecamere la responsabilità di rappresentare le loro identità». Dieci anni dopo «la loro accoglienza è stata piena di sorrisi. Vuol dire che siamo stati in grado di restituire l’autenticità e la forza di ciò in cui credono questi giovani».

Alla presentazione sono intervenuti anche i rappresentanti delle tre religioni descritte, attraverso gli occhi dei ragazzi, nel docufilm di Pierce: monsignor Marco Gnavi, incaricato per l’Ufficio ecumenismo e dialogo del vicariato; l’imam della moschea della Magliana, Sami Salem e il presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello. «Ho voluto vederlo due volte – confessa Gnavi -, perché le parole di questi ragazzi nascondono molte domande importanti. In loro si può trovare uno spaccato del nostro vissuto, dell’opera importante degli educatori che hanno il compito di suscitare le domande nei bambini e far in modo che restino aperte negli adolescenti».

È un film sui giovani, conclude
monsignor Gnavi, «ma anche sulla responsabilità di noi adulti. Dobbiamo saper dialogare con loro, certe volte non ci riusciamo». Sensazione confermata anche da Ruth Dureghello: «Mai guardare i ragazzi con supponenza, la maturità non si esprime in una costante condizione di giudizio; si matura dal basso, mettiamoci a loro fianco, accompagniamoli nei momenti difficili della loro vita. Poi le strade si divideranno, si faranno scelte differenti; ma la fede è un percorso che sin da bambini è capace di trasmettere valori importanti come il rispetto, la vicinanza all’eterno, l’altruismo».

Nel docufilm sono intervistate anche le figlie dell’imam Salem: Tasnim e Mariam. Indossano con orgoglio il velo, vorrebbero spiegare ai loro amici il perché della loro scelta, non sempre ci riescono. «Opere come questa – dice l’imam – mi fanno capire che ci sono persone pronte a costruire un mondo giusto. Il docufilm è il risultato di un percorso; in esso abbiamo scoperto la gioia dell’incontro: un ragazzo ebreo e un musulmano nella stessa scuola. Condividono lo stesso futuro. Sono cresciuti alla scuola di pace delle loro religioni. Hanno un cuore puro e noi adulti siamo responsabili di tutelarli. Dobbiamo fare in modo che i loro cuori non vengano macchiati dai nostri pregiudizi».

Per Paolo Ruffini, direttore di
Tv2000, «raccontiamo da anni quella che chiamano guerra di religione, ma non sappiamo raccontare come si possa dialogare. Peirce ha il grande pregio di saper vedere ciò che spesso non vediamo. Ascoltare, vedere e raccontare questi bambini cristiani, ebrei e musulmani che diventano ragazzi, e poi uomini e donne, ci è sembrato un piccolo contributo alla costruzione di un mondo migliore. Dove nessuno possa più dire e credere che si uccida nel nome di Dio».

 

 

7 marzo 2017