All’Esquilino la fiaccolata di solidarietà per padre Dall’Oglio

In piazza per tenere accesa la speranza, a 5 anni dal rapimento a Raqqa, in Siria, per il gesuita romano e per tutte le persone rapite. Accanto ai familiari, associazioni e rappresentanti del mondo cristiano e islamico

Decine di fiaccole accese, ieri sera, davanti alla basilica di Santa Maria Maggiore, per tenere viva la speranza di trovare vivo e liberare padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita romano rapito a Raqqa, in Siria, il 29 luglio del 2013, di cui da allora non si hanno più notizie. «Oggi in realtà siamo in ritardo di oltre duemila giorni, ma questi sei anni ci hanno fatto capire il peso dell’assenza di Paolo». Con queste parole esordisce Riccardo Cristiano, fondatore dell’associazione Giornalisti amici di padre Dall’Oglio che ha organizzato l’iniziativa, nel descrivere la fiaccolata per il sacerdote e per tutti i siriani e gli stranieri rapiti o ingiustamente detenuti in Siria. «Paolo – prosegue il giornalista – aveva compreso già molti anni fa che bisognava partire dal basso e incontrare la gente per costruire tanti piccoli tasselli di pace». Quindi, in apertura della manifestazione, la lettura di una lettera indirizzata idealmente a padre Dall’Oglio, nella quale la voce di Cristiano si è fatta interprete dell’intero mondo occidentale, chiedendo scusa al padre gesuita per non aver capito da subito la gravità del conflitto siriano.

 

 

 

 

Tra i presenti anche il nipote di padre Dall’Oglio, Raffaele Persichetti. «La fiaccolata – spiega – è importante per tenere alta l’attenzione sulla Siria e informare correttamente l’opinione pubblica» su ciò che accade. «Noi familiari – racconta – non abbiamo notizie da molti anni e quello che si è detto nei giorni scorsi sono solo indiscrezioni perché nessuno ci ha dato alcun tipo di conferma». Il riferimento è alle notizie riportate dal Times secondo cui, stando a fonti curde, il religioso sarebbe ancora vivo e in mano all’Isis, oggetto di una trattativa per sfuggire all’annientamento in una delle ultime sacche di territorio sotto il suo controllo.

In piazza per padre Paolo anche le due sorelle, Immacolata e Francesca. «Abbiamo accettato l’invito – spiega la prima – per far vedere la solidarietà che c’è per Paolo e per le tante persone che in Siria sono in ostaggio». La situazione, prosegue, «è probabilmente molto più grave di quella che appare e per questo va pensata una soluzione che guardi oltre il singolo caso». In conclusione, il grazie ai tanti partecipanti, ai quali Immacolata ribadisce che la speranza di trovare e liberare il sacerdote è sempre viva. Viva come «la luce delle fiaccole accese per Paolo e per le tante vittime del conflitto, che rappresenta un barlume di speranza nel grande buio della guerra», le fa eco padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli e delegato della Compagnia di Gesù della provincia Euro-Mediterranea. «L’oscurità della violenza – aggiunge – non contraddistingue solo la Siria ma tutto il pianeta, in quella che Papa Francesco ha definito la terza guerra mondiale a pezzi».

 

 

 

 

Sulla testimonianza di padre Dall’Oglio gettano una luce particolare le parole di Adnane Mokrani, teologo musulmano, professore di studi islamici e di relazioni islamo-cristiane al Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica, che interviene «come amico» di padre Paolo. «Una figura controcorrente rispetto al resto del mondo – lo definisce -, poiché ha saputo comprendere il dolore e le esigenze del mondo arabo, inteso come comunità di musulmani e cristiani». Roberto Zuccolini, portavoce della Comunità di Sant’Egidio, ricorda l’impegno comune nel dialogo tra le religioni. «Questi sei anni sono stati molto duri perché noi abbiamo conosciuto e lavorato con padre Dall’Oglio. La sua vicenda, così come le storie di quanti sono prigionieri in Siria – aggiunge -, è emblematica della gravità del conflitto e della cecità del mondo davanti a questa tragedia. Una guerra che va avanti da otto anni, più della seconda guerra mondiale. Una vergogna per il mondo occidentale e per la comunità internazionale». Zuccolini evidenzia l’impegno della Comunità nell’accoglienza di quanti scappano da quei luoghi «ma le politiche di aiuti e di accoglienza – aggiunge – dovrebbero andare di pari passo con concrete azioni di pace nei Paesi in guerra». Questa fiaccolata, riflette, «non può materialmente liberare Paolo ma può essere un grido eloquente per scuotere le coscienze».

Tra le fiaccole accese in piazza dell’Esquilino, risuona anche la voce del missionario gesuita: è l’audio di una preghiera, diffuso per sentirne la vicinanza. In video invece, altri volti e altri racconti. E la canzone “Abuna Paolo”, scritta dal fratello Pietro.

14 febbraio 2019