Allarme dell’Unhcr: negli ultimi 3 mesi raddoppiati morti in mare

Da luglio a settembre 90mila arrivi e 2.200 decessi, mentre nei primi mesi dell’anno si contavano 75mila arrivi e 800 morti. L’Alto commissariato Onu per i rifugiati all’Europa: «Intensificare gli sforzi comuni»

 

Negli ultimi tre mesi sono raddoppiate le possibilità di morire in mare per i migranti che cercano di arrivare in Europa: se questa possibilità nella prima metà dell’anno erano pari all’1,06 per cento, per chi si è imbarcato nel terzo trimestre è più che raddoppiata, arrivando al 2,4 per cento. Le cifre sono in aumento sia in termini assoluti che percentuali:, tra il 1 luglio e il 30 settembre sono arrivate in Europa 90.000 persone e almeno 2.200 hanno perso la vita, mentre nel periodo compreso tra il 1 gennaio e il 30 giugno si contavano 75mila arrivi e 800 decessi. In tutto, le persone che quest’anno hanno compiuto la traversata in mare sono 165mila, centomila in più rispetto alle 60mila del 2013. A rendere noti i «dati che rendono il 2014 un anno record e che indicano la disperazione di coloro che si mettono in viaggio» è l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) alla vigilia dell’anniversario della tragedia del 3 ottobre 2013 a largo di Lampedusa, in cui persero la vita 366 persone.

L’Unhcr, in occasione della Giornata della memoria, rinnova il suo appello all’Europa affinché investa maggiori risorse per garantire il soccorso in mare nel Mediterraneo e intensifichi gli sforzi per fornire alternative legali a questi pericolosi viaggi. «È necessario che lo sforzo collettivo continui ad assicurare un forte impegno nel salvataggio di vite umane in mare e ad aumentare le alternative legali ai rifugiati in cerca di salvezza in Europa – sottolinea Unhcr -. Se l’Europa non sarà in grado di mantenere questo impegno, sempre più persone continueranno a perdere la vita e le tragedie in mare come quella di un anno fa al largo di Lampedusa, diventeranno più comuni».

«Stiamo venendo meno all’insegnamento insito nei naufragi dello scorso ottobre e sempre più rifugiati continuano ad annegare nel tentativo di raggiungere la salvezza. I Paesi dell’Unione Europea devono lavorare insieme per continuare a portare avanti le vitali operazioni di soccorso in mare, compito che è stato in gran parte svolto dall’operazione Mare Nostrum in Italia, ma anche da navi mercantili», ha dichiarato l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati António Guterres. Anche se non si conoscono appieno i motivi che quest’anno hanno determinato l’aumento dei morti e delle traversate via mare, si possono individuare una serie di fattori. Tra questi la situazione in Libia, spiega ancora l’Alto commissariato per i rifugiati, Paese da dove partono molti di coloro che si imbarcano per compiere queste traversate e dove le condizioni di instabilità hanno avuto conseguenze particolarmente gravi su gruppi vulnerabili come i richiedenti asilo e i migranti provenienti dall’Africa sub-sahariana o dal Medio Oriente, spingendo molti a fuggire. La Libia deve fare la sua parte nel garantire il rispetto dei principi dei diritti umani e del diritto internazionale, in quanto una scarsa applicazione della legge consente alle reti di trafficanti di prosperare. È inoltre evidente che i barconi e i gommoni sono spesso sovraffollati, per cui si verificano casi di morte per asfissia a bordo o si viaggia senza giubbotti di salvataggio. La tragedia del mese scorso al largo di Malta, in cui ben 500 persone hanno perso la vita a seguito, a quanto riferito, dell’affondamento dell’imbarcazione provocato dall’intervento degli scafisti. Gli unici sopravvissuti, 11 in tutto, sono stati costretti a trascorrere vari giorni in acqua assistendo impotenti alla morte di familiari e amici.

L’Unhcr sottolinea inoltre che anche se non tutte le persone che compiono la traversata verso l’Europa sono alla ricerca di asilo, i dati del terzo trimestre mostrano che la proporzione di chi fugge da guerre o persecuzioni nel proprio Paese è in crescita. «I richiedenti asilo provenienti da due di questi Paesi, la Siria e l’Eritrea, rappresentano quasi la metà di coloro che hanno intrapreso queste pericolose traversate dal 1° luglio – si legge nel report -. Nonostante si tratti solo di una frazione del numero totale di rifugiati al mondo (circa 16,7 milioni, prevalentemente ospitati da paesi che confinano con zone di guerra), rappresenta senza dubbio un indicatore della crescita dei flussi di rifugiati. Molti di coloro che compiono la traversata in mare non dispongono di alternative legali e sicure per raggiungere l’Europa ed è necessario trovare con urgenza tali soluzioni per proteggere le persone dal rischio di doversi affidare ai trafficanti. Queste potrebbero comprendere un aumento delle quote di reinsediamento e l’accesso ai visti per ragioni umanitarie per le persone in fuga da guerre e persecuzioni, ma anche politiche comuni di gestione delle frontiere tra l’Ue e i paesi del Nord Africa che non guardino soltanto la sicurezza delle frontiere, ma anche al rispetto dei diritti umani e dei rifugiati”.

L’Unhcr esorta quindi i governi europei affinché facciano di più per facilitare il ricongiungimento familiare. Inoltre, gli Stati potrebbero avviare schemi di sponsorizzazioni private e utilizzare programmi quali la concessione di visti per motivi di studio e di lavoro a vantaggio dei rifugiati. «Dobbiamo trovare modi migliori per permettere a queste persone disperate di trovare un luogo sicuro in cui vivere. Hanno superato pericoli e vissuto esperienze orribili che molti di noi non possono neanche immaginare – afferma Guterres -. Queste sfide non possono essere affrontate solo da pochi Stati; è necessaria una risposta comune da parte dell’Europa, basata sulla collaborazione tra Stati e sul sostegno dell’UE così da poter garantire maggiori servizi di accoglienza iniziale e assistenza nell’elaborazione e identificazione di soluzioni per le persone bisognose di protezione internazionale».

3 ottobre 2014