Alla vigilia della Maratona di Roma, gli atleti in preghiera con Ravasi

Messa nella Chiesa degli artisti, promossa da Athletica Vaticana. Il presidente Melchor Sanchez de Toca: «Lo sport unisce e deve sempre tendere a questo»

Lo sport come metafora di vita e, in particolare, la maratona come cammino da percorrere per seguire gli insegnamenti cristiani di fraternità e condivisione. Alla vigilia della Maratona di Roma, la Acea Run Rome The Marathon – che si è svolta ieri, 19 settembre, per le strade della Capitale -, decine di atleti si sono ritrovati in preghiera nella basilica di Santa Maria in Montesanto, a piazza del Popolo: la Chiesa degli artisti. A presiedere la “Messa del maratoneta”, promossa da Athletica Vaticana, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura. Nell’assemblea, numerosi atleti appartenenti a diversi team, soprattutto quelli di Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di finanza, Esercito e Vigili del fuoco. «Il momento più alto per qualsiasi credente è quello della ricerca del mistero, ovvero dell’ascesi – ha spiegato Ravasi -. Un termine non solo spirituale, che deriva dal greco áskēsis, cioè il vero e proprio esercizio fisico a cui è chiamato un atleta. Quello dell’allenamento – ha ricordato il porporato – è un momento lungo, di sforzo e sacrifici, fondamentale per qualsiasi sportivo. Allo stesso modo la ricerca dell’amore a cui tutti siamo chiamati deve caratterizzare le nostre vite, anche se richiede sacrifici e tempo».

Con questo evento «molti esponenti del panorama podistico sono coinvolti e riusciamo così a creare un senso di comunità, di vicinanza anche se apparteniamo a team diversi», ha raccontato Federico Cavallo, dipendente delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo e partecipante a questa edizione della Maratona romana. «Si crea – ha spiegato – un messaggio di pace e solidarietà che poi portiamo nella gara». Quest’anno, inoltre, la Maratona è tornata nella Capitale dopo un anno di assenza causa Covid e «mentre e si gareggia si ha la consapevolezza che rialzarsi e tornare a correre dopo un anno così drammatico è possibile in tutti gli ambiti della vita», conclude. Per Jason Welle, frate francescano, direttore degli studi del Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica, anch’egli atleta e ieri alla sua quarta maratona, conclusa tra i primi mille, «la Maratona ci ricorda gli insegnamenti di san Paolo, che nelle sue lettere molte volte ha usato la metafora dello sport e proprio della corsa. Siamo sportivi dell’amore – ha ricordato -, siamo chiamati a fare la nostra parte, pur consapevoli che la forza e la determinazione ci arrivano dall’alto. Soltanto con la fratellanza – ha ribadito – riusciremo a percorrere la gara della nostra vita».

La celebrazione della vigilia è stata un momento di «ritrovo e condivisione, che ha ricordato come anche l’agonismo sportivo deve essere condito con sentimenti di vicinanza, che sono un fine più grande della semplice vittoria», ha concluso monsignor Melchor Sanchez de Toca, sottosegretario del Pontificio Consiglio della cultura e presidente di Athletica Vaticana. «Pregare insieme è ormai una bellissima tradizione nata qualche anno fa a New York e che si ripete prima di ogni gara. Lo sport unisce e deve sempre tendere a questo, indipendentemente dalla fede delle singole persone». La cronaca sportiva della gara, invece, ha esaltato la vittoria dei keniani Clement Kiprono e Peris Cherono, rispettivamente nelle categorie maschile e femminile. La 26ª edizione dell’Acea Run Rome The Marathon ha visto la partecipazione di circa 7.500 atleti che hanno percorso gli oltre 42 chilometri di gara tra le principali vie del centro, toccando tredici differenti quartieri, con partenza e arrivo ai Fori Imperiali.

20 settembre 2021