Alla Sapienza tornano le tende degli studenti, per il diritto allo studio

Al via da Roma la mobilitazione “Vorrei un futuro qui”, indetta dall’Unione degli universitari. Si protesta contro una tassazione tra le più alte d’Europa, il costo eccessivo dei libri e i trasporti inadeguati, ma soprattutto contro il caro affitti. «Senza casa noi dove studiamo?»

Parte da Roma il lancio nazionale della mobilitazione “Vorrei un futuro qui” indetta dall’Unione degli universitari (Udu). Una ventina di tende canadesi sono montate da ieri, 24 settembre, davanti al piazzale Aldo Moro, l’ingresso principale della Sapienza. È la seconda volta che gli studenti tornano a dormire davanti all’ateneo, dopo la protesta di maggio. Motivo dell’agitazione è sempre il caro studio. Denunciano una tassazione universitaria tra le più alte d’Europa, libri di testo a prezzi esorbitanti, trasporti inadeguati e onerosi. Ma il peso più opprimente è il caro affitti.

I ragazzi chiedono alle istituzioni di varare interventi urgenti per poter continuare a studiare in Italia e non essere costretti ad emigrare all’estero. «Abbiamo invitato i parlamentari e chiediamo un incontro con l’amministrazione regionale», afferma Damiano Moscardini, responsabile dell’Udu. Ha 24 anni, studia filosofia ed è di Roma. Le spese di affitto non gravano sulle sue tasche ma è in piazza per «dare voce ai fuori sede piegati da canoni onerosi. Mediamente a Roma l’affitto di una stanza arriva a 550 euro nei quartieri più periferici. In zone centrali si toccano anche ai mille euro». Damiano vorrebbe realizzarsi in Italia ma «spesso ti aprono la porta per andare via».

A metà mattinata, mentre gli studenti scandiscono slogan al megafono, in piazzale Aldo Moro arriva il consigliere regionale Marta Bonafoni, del Pd. «I ragazzi ci chiedono di non parlare e basta di futuro ma di strutturarlo con loro – dichiara -. A maggio scorso sono state fatte loro tante promesse ma nulla è cambiato. A partire dalla prossima finanziaria chiederemo con loro interventi per il diritto allo studio e alla casa». Anche Daniela Palamides, 23 anni, manifesta in solidarietà con i colleghi universitari. «Io vivo a Roma ma vedo i sacrifici che fanno i miei amici fuori sede – racconta -. Molti sono costretti a fare piccoli lavori come rider, camerieri, baristi per non gravare troppo sulle famiglie». Anche perché, rimarca, il problema non si riduce al solo affitto. «Nei giorni scorsi ho pagato 114 euro per un manuale e un codice – spiega -. Sono testi che subiscono aggiornamenti continui e che bisogna acquistare sempre nuovi. In un semestre si seguono mediamente quattro materie, come si può far fronte a tutte queste spese?». Altro aspetto sul quale si sofferma Daniela è quello della «salute mentale degli studenti. Se uno studente deve studiare, lavorare, preoccuparsi di pesare sulla famiglia, poi crolla. Ci sono ragazzi che quando vengono bocciati a un esame si sentono falliti, si sentono in difetto nei confronti dei genitori e si demoralizzano».

“Se non cambierà lotta dura sarà”, “Senza casa noi dove studiamo?”, “Caro affitti, noi non staremo zitti”, “Se ci bloccano il futuro noi blocchiamo la città” urlano gli studenti al megafono. «Siamo stanchi di vivere in un Paese che da troppi anni se ne frega della vita dei giovani – dice Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu -. Come si fa a parlare di diritto allo studio in un Paese in cui studiare all’università ci costa più di 12mila euro ogni anno?  Dove solo il 12% degli iscritti prende una borsa di studio? Come si fa a parlare di diritto allo studio se chi dovrebbe essere beneficiario di borsa di studio non ha nessuna certezza di vederla arrivare? Siamo qui oggi per ricordare che studiare all’università dovrebbe essere un nostro diritto, non un privilegio. Siamo qui contro un governo che davanti a migliaia di studenti e studentesse che hanno montato le tende in tutta Italia ha scelto di rimanere in silenzio. Noi invece – prosegue – non rimarremo in silenzio davanti agli 80mila studenti che ogni anno abbandonano l’università e davanti ai 53mila giovani che ogni anno sono costretti a lasciare l’Italia. Noi un futuro qui lo vogliamo e siamo pronti a prendercelo».

Claudia, 20 anni, di Catanzaro, vive a Roma da 3 anni. «I miei genitori fanno infiniti sacrifici per mettere denaro da parte per permettermi di studiare – racconta -. Sono impiegati, hanno stipendi medi e io assorbo 1.400 euro al mese. Faccio anche io tante rinunce, le spese riguardano tutte affitto, spesa e studio. Purtroppo per avere una adeguata istruzione universitaria sono stata costretta a lasciare la Calabria perché al Sud le università non sono degne né dal punto di vista didattico né sociale».

25 settembre 2023