Alessandro, detenuto a Rebibbia e dottore di ricerca

Il primo caso in un carcere italiano. Il Garante del Lazio Stefano Anastasia: «Un bel traguardo», raggiunto senza essere mai uscito

Il primo caso in un carcere italiano. Il Garante del Lazio Stefano Anastasia: «Un bel traguardo», raggiunto senza essere mai uscito
È detenuto al reparto G8 di Rebibbia – Nuovo complesso, Alessandro L. Dopo un periodo passato in alta sicurezza, ha conseguito un dottorato di ricerca in Sociologia, nel febbraio scorso, «senza essere mai uscito dal carcere», dichiara nella lettera scritta al Garante dei detenuti del Lazio Stefano Anastasia, raccontando la sua personale vittoria. È il primo caso in Italia, rivendica.
In carcere ininterrottamente dal giugno 1995, Alessandro si è laureato con lode in Sociologia alla Sapienza nel gennaio 2013, discutendo una tesi sul tema “Il lavoro rende liberi. Etnografia del mondo carcere”, pubblicata l’anno seguente da Gruppo Albatros Il filo. Dopo la laurea, la decisione di proseguire gli studi universitari accedendo al corso di dottorato di ricerca in Sociologia e scienze applicate attivato dalla Sapienza, fino ad arrivare, lo scorso 23 febbraio, alla discussione della dissertazione finale: “Rieducazione, formazione e reinserimento sociale dei detenuti. Uno studio comparativo ed etnografico dei detenuti rientranti nella categoria Alta sicurezza in Italia: percorsi di vita, aspettative e reti sociali di riferimento”.
A darne notizia è proprio il Garante del Lazio. «È davvero un bel traguardo – commenta -. Se studiare all’interno del carcere è complicato – spiega Anastasia, che è anche docente universitario – seguire un corso di dottorato lo è ancora di più, per la reale difficoltà di accedere ad adeguati strumenti di ricerca. Complimenti ad Alessandro, quindi, che è riuscito a portare a termine un percorso così arduo con grande determinazione. Mi auguro che il risultato raggiunto possa rappresentare un’occasione di riflessione sul tema dell’accesso agli studi, a tutti i livelli, per le persone detenute». In questo senso, «sarebbe certamente importante se l’amministrazione penitenziaria si attrezzasse per garantire agli studenti che intendono intraprendere un percorso formativo post laurea idonei strumenti di studio e ricerca, anche informatici».
19 luglio 2017