Alcol e salute, verso una “rete” regionale

Presentato il “Primo rapporto alla Regione Lazio”. In un anno 7.400 morti per assunzione di alcolici. Ceccanti (Centro di riferimento alcologico regionale): urgente uniformare i trattamenti e costruire un modello comune

«La parola chiave di tutte le riflessioni educative è prevenzione. Questo è l’impegno che ognuno di noi deve sentire e che non può rimanere confinato a circoli ristretti o agli addetti ai lavori». Sono queste le parole del neoeletto arcivescovo di Siena Paolo Lojudice, chiamato a tirare le fila del convegno “Curare, Includere, Integrare” promosso dal Centro di riferimento alcologico della Regione Lazio (Crarl) e che ha presentato ieri, 12 giugno, il “Primo rapporto alla Regione Lazio- Alcol e Salute”. «È necessario uscire da una autoreferenzialità e realizzare un lavoro in rete e in comunione al fine di ottenere effetti più proficui per tutti», ha aggiunto Lojudice, ricordando che «sono i piccoli numeri e i casi che si sono risolti a dare speranza e fiducia».

Sinergia e omogeneità degli interventi sono stati, infatti, i temi cardine dell’iniziativa, nata per sollecitare la costruzione di una rete alcologica regionale in grado di ottimizzare la gestione dei problemi e delle patologie alcol-correlate. Una riflessione a più voci che ha analizzato i dati rilevati sul territorio laziale e ha definito i contorni di un fenomeno che sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti, non solo tra gli uomini ma anche tra donne e giovani. «Molti ragazzi sono soliti bere fuori pasto e questo è uno dei comportamenti a rischio più evidenti rilevati dalle ricerche», ha spiegato Mauro Ceccanti, responsabile del Crarl. Secondo il Rapporto sono quasi 2 milioni le persone che hanno avuto un consumo di alcol a rischio, di cui 300mila dichiarano di aver assunto più di cinque bevande alcoliche in un’unica occasione (binge drinking) e tra questi molto elevata è la percentuale di giovani e minorenni.

 L’elevato consumo di alcol tra i ragazzi è, inoltre, profondamente legato a un «modo di strutturare la propria vita che risente dell’azione dei media – ha proseguito Ceccanti -. Spesso infatti c’è uno squilibrio tra la promozione di bevande alcoliche e la tutela del giovane cittadino». Non solo, nel Rapporto emerge che il consumo di alcolici rappresenta uno dei principali fattori di rischio di morte prematura e disabilità: in un solo anno, infatti, 7.400 persone nel Lazio sono morte a causa dell’assunzione di alcol. Si delinea pertanto un profilo emergenziale che spinge servizi, istituzioni e terzo settore a prendere consapevolezza delle criticità e a mettere in campo interventi mirati.  Da qui la necessità di divulgare delle Linee guida per il trattamento dell’alcolismo, il cui principale obiettivo è «uniformare i trattamenti sul territorio laziale e costruire un modello comune nell’interesse pubblico», ha riferito il responsabile del Crarl.

Accanto alla rete, un’altra cifra identificativa del programma che è emersa nel corso del convegno è la prossimità, l’unica in grado di far fronte alle vulnerabilità e ai bisogni delle persone. «Potremmo distinguere tre diversi approcci che ci aiutano a dare vita a una rete», ha commentato don Benoni Ambarus, direttore della Caritas di Roma che ha collaborato alla promozione dell’evento. Il primo è un lavoro di “artigianato”: le persone non sono numeri e quindi «non si possono sostenere nella loro fragilità senza un progetto singolo», ha aggiunto. La seconda parola chiave è alleanza, ovvero «uno sguardo positivo sull’operato dell’altro per entrare in un’ottica di sussidiarietà». E infine la generatività, che per il direttore Caritas rappresenta l’abbandono della logica assistenzialistica a favore di un sostegno produttivo.

Un nutrito panel ha, quindi, sottolineato la centralità di una presa in carico consapevole e competente. Tra gli altri, è intervenuta, l’assessore alla Persona, scuola e comunità solidale di Roma Capitale Laura Baldassarre: «Abbiamo bisogno di azioni costanti e improntate alla prevenzione, soprattutto a partire dalle scuole – ha dichiarato -. L’approccio fondato sui diritti umani porta alla necessità di lavorare sulle politiche ma anche sulle prassi operative. Bisogna tornare a dare dignità alle persone e alle politiche sociali», la conclusione dell’assessore. Un tema, quello dell’integrazione, che è stato affrontato anche nel focus pomeridiano sul terzo settore. «L’approccio umano e relazionale è centrale nel rapporto con l’altro», ha spiegato Caterina Cortese della Federazione italiana organismi per le persone senza dimora (Fio.PSD), aggiungendo che «il lavoro in rete può essere realizzato soprattutto in un’ottica inclusiva».

13 giugno 2019