Alberto Sordi, l’ultimo abbraccio della “sua” Roma

Marzo 2003, i funerali del popolare attore con il cardinale Ruini a San Giovanni in Laterano. In piazza l’intervento del sindaco Veltroni

C’è la sua Roma a condividere da coprotagonista con Albertone l’ultima scena. In piazza San Giovanni in Laterano, giovedì mattina, sono in molti ad attendere il feretro fin dalle 7.30. L’applauso esplode alle 9.24, quando la bara fa il suo ingresso in Basilica. è un legame profondo ad unire i romani all’attore, che ha «saputo interpretare, nel bene e nel male, l’animo degli italiani». Così il Cardinale Vicario, che presiede il rito funebre, concelebrato tra gli altri dal Vicegerente Cesare Nosiglia e da Monsignor Giovanni D’Ercole.

In una Basilica gremita e alla presenza di numerose autorità, tra le quali il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, con la signora Franca, e il Presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, il Cardinale sottolinea nell’omelia la generosità dell’attore e la sua discrezione nel fare beneficienza. «Ciò che farete al più piccolo di voi, l’avrete fatto a me»: sono le parole di Cristo che Alberto Sordi «ha dimostrato con i fatti di prendere molto sul serio». Inoltre, da cattolico, l’attore credeva profondamente in una vita dopo la morte.

Al termine del rito dodici vigili urbani, in divisa da motociclista, trasportano la bara in piazza, dove 250 mila persone, che hanno assistito alla Messa mediante un maxischermo, l’accolgono con un altro interminabile applauso. «Ieri un americano a Roma, oggi un romano in cielo», recita uno striscione, ma ce ne sono molti a ricordare quelle battute che per 50 anni e per tanti altri ancora continueranno a far sorridere l’Italia. Un tocco d’allegria in una giornata intrisa di nostalgia, più volte smorzata dal grido «Alberto, Alberto».

Poi cala il silenzio, Tutti sono intenti ad ascoltare, con gli occhi velati di lacrime, l’intervento del sindaco Walter Veltroni: «Roma ti piange, si toglie il cappello, lo poggia sul cuore e ti dice grazie». Dopo di lui si alternano sul palco Carlo Verdone, Ettore Scola, Gigi Proietti, che con la voce rotta dalla commozione gli dedica un sonetto in romanesco («Tutta la città sbrilluccica de lacrime», dice). Infine il ministro dei Beni Culturali, Giuliano Urbani, e Monsignor Giovanni D’Ercole, che legge due biglietti di ragazzi romani dedicati a Sordi. Proprio in quel momento solca il cielo «Sta vorta c’hai fatto piagne».

Alle 12.15 il feretro si allontana, tra le vivaci note del “Ruggito del Leone”, colonna sonora di “Storia di un italiano”, dirigendosi verso il cammino monumentale del Verano. Sono in molti a seguirlo, applaudendo fino al riquadro 145 dove, in una cappella di marmo bianco che ospita la tomba di famiglia, si conclude il viaggio terreno di Alberto Sordi. (di Dorotea Gambardella)

2 marzo 2003