Alberto Mieli, il «dovere» di raccontare la Shoah

Si è spento all’età di 92 anni uno degli ultimi sopravvissuti romani ai campi di sterminio nazisti. Deportato ad Auschwitz, ai ragazzi che incontrava raccomandava: «Non dovete odiare mai»

«Non dovete odiare mai, tenete tanto alla vostra libertà», ripeteva ai ragazzi che incontrava nelle scuole Alberto Mieli, uno degli ultimi sopravvissuti romani alla Shoah, morto ieri, 29 maggio, all’età di 92 anni. «Raccontare è un dovere nei confronti dei miei compagni che non sono più tornati – diceva -, è un dovere far sapere ai giovani ciò che accadde in quei lager». Nato a Roma il 22 dicembre 1925, venne cacciato da scuola a seguito delle leggi razziali. Non ancora ventenne, fu catturato dai fascisti e dalla Gestapo e deportato ad Auschwitz-Birkenau, dopo essere passato per il campo di prigionia di Fossoli.

«Non c’è ora del giorno o della notte in cui la mia mente non vada a ripensare alla vita nei campi, a quello che i miei occhi sono stati costretti a vedere», raccontava nel suo libro “Eravamo ebrei. Questa era la nostra unica colpa” (Marsilio, 2016), scritto con la nipote Ester. Conosciuto da tutti nel ghetto come “Zi Pucchio”, Alberto Mieli nel 2015 era stato insignito dall’Università di Foggia della laurea honoris causa in Filologia, letteratura e storia per il coraggio e l’impegno nel mantenere viva la memoria. «Tra gli ultimi sopravvissuti degli orrori dei campi di sterminio è stato un testimone pieno di umanità e dignità con grande forza di riscatto – ricorda in una nota il rabbino capo della Comunità ebraica di Roma Riccardo Di Segni -. La Comunità partecipa intensamente al dolore per la perdita unendosi al lutto della famiglia che ha fedelmente sostenuto la trasmissione della storia».

Tra i testimoni più attivi della Shoah in Italia, il contributo di Alberto Mieli nel narrare la tragedia perpetuata dal nazifascismo è stato in particolare per le giovani generazioni: «Pur soffrendo terribilmente, è stato capace di essere guida e riferimento per i più giovani – afferma Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma -, dedicando la sua vita a tramandare la memoria a testimoniare gli orrori della Shoah senza perdere l’ironia e il sorriso». (Roberta Caruso)

30 maggio 2018