Al Vittoriano Edward Hopper

Torna a Roma il pittore americano icona della modernità. La retrospettiva ne ricostruisce l’evoluzione artistica alla luce dei viaggi in Europa

Torna a Roma il pittore americano icona della modernità. La retrospettiva ne ricostruisce l’evoluzione artistica alla luce dei viaggi in Europa 

Edward Hopper, il pittore americano icona della modernità, che piace al pubblico italiano, torna nella Capitale. La retrospettiva al Vittoriano ne ricostruisce l’evoluzione artistica alla luce dei numerosi viaggi in Europa, della fotografia e cinematografia, di cui ha sfruttato le potenzialità, divenendo egli stesso fonte d’ispirazione.

La solitudine dell’uomo moderno dei nuovi spazi urbani, delle case vittoriane, dei caffè e pompe di benzina, è evocata con una tecnica innovativa narrativa – non narrativa. Le sue opere, dal fascino allusivo, ambiguo, sono immerse in un’apparente quiete, in atmosfere stagnanti e, ad un tempo, pervase da un senso pregnante d’attesa.

Attesa di un qualcosa che possa irrompere sulla scena, sconvolgendo composizioni geometriche lineari, nitide e la stasi malinconica. La luce, a sua volta, fredda singolare, talvolta persino sinistra, il cui studio fu assiduo e puntuale, contribuisce, anzi è un elemento fondamentale dei dipinti, di cui dilata la rarefazione dello spazio.

L’effetto ottenuto è simile a quello dell’istantanea: la narrazione scaturisce da una riflessione, da processi di creazioni mentali, introspettivi, da stato d’animo. Spetta così all’osservatore la ricostruzione della storia, l’interpretazione della scena, sempre raffigurata con pochi, semplici, elementi. I disegni, di cui i pregevoli taccuini in mostra ne sono testimonianza, rivelano il lungo studio dell’artista: dal dettaglio, dal particolare, al generale, all’evocazione astratta di tempo, spazio e memoria; l’unica che induca l’osservatore ad una ricostruzione soggettiva.

Secondo una consuetudine del Vittoriano, il percorso si apre con un video di presentazione del pittore. Seguono l’autoritratto e opere giovanili in cui – a detta del curatore Beatrice – già si ravvisano il senso di alienazione dell’uomo moderno e la sua passione per il cinema. Dalle stanze chiuse, seguono opere ispirate alla vita parigina, la cui vita nei caffè e nelle strade lo incuriosiva.

Il percorso procede con opere che osservano la vita quotidiana nei suoi aspetti più bui e inquietanti, e dove l’uomo è alle prese con la sua ombra, fino ad arrivare ai soggetti più noti come i fari (i suoi grattacieli) e le tipiche case vittoriane, disprezzate dagli americani del tempo, quanto amate dagli Europei.

La mostra si conclude con una sezione del tutto inedita che illustra il particolare rapporto tra le opere di Hopper e il cinema. Indagati ad esempio i legami con Hitchcock e Dario Argento. Il primo volle costruire la casa di “Psyco” ispirandosi alla “Casa vicino alla ferrovia ,mentre il secondo riproduce la sequenza del bar guardando “Nighthawks.” Hopper fu fonte di ispirazione anche per David Lynch, Wim Wenders, suo grande estimatore, e i fratelli Coen.

Edward Hopper c/o Complesso del Vittoriano, Via di San Pietro in Carcere. Fino al 12 febbraio 2017. Curatori: Barbara Haskell e Luca Beatrice. Orari: dal lunedì al giovedì 9.30- 19.30; Venerdì e sabato 9.30 – 22.00; Domenica 9.30 – 20.30 (La biglietteria chiude un’ora prima; Biglietti (audioguida inclusa): Intero € 14,00; Ridotto € 12,00. Informazioni e prenotazioni: T + 39 06 87 15 11