Al via alla Lateranense un cantiere di «sicurezza partecipata»

Siglata collaborazione tra ateneo e Dipartimento informazioni per la sicurezza. In programma corsi e borse di studio, per creare una rete di esperti

Siglata una collaborazione tra l’ateneo e il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. In programma corsi di formazione e borse di studio, per creare una rete di esperti

Chiesa e intelligence, due mondi all’apparenza lontani, per la prima volta a confronto sui temi della sicurezza e della pace nell’incontro pubblico “Shomèr” (termine ebraico per dire “sentinella”) che si è tenuto ieri, 29 aprile, alla Pontificia Università Lateranense. L’obiettivo delle due realtà, da un lato l’ateneo che ha avuto tra i suoi banchi il futuro Papa Giovanni XXIII e dall’altro il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), è di proporsi come cantiere di sicurezza partecipata. Nell’accordo di collaborazione tra il Dis e l’Istitutum Utriusque Iuris della Lateranense ci sono la realizzazione di corsi di formazione comuni post lauream e l’istituzione di borse di studio, messe a disposizione dal Comparto Intelligence, per giovani studenti provenienti da aree di crisi del Medio Oriente, specie dalla Siria. Previsto, infine, anche il reclutamento delle migliori intelligenze del Paese per creare una rete di esperti. Tra i primi banchi di prova del nascente sodalizio c’è il grande appuntamento del Giubileo straordinario della Misericordia, che inizierà nella prossima solennità dell’Immacolata Concezione per concludersi il 20 novembre 2016.

«Occorre fuggire dalla tentazione – ha spiegato monsignor dal Covolo, rettore della Lateranense – di guardare la realtà dalla finestra. Per questo abbiamo voluto raccogliere le sfide che arrivano da un mondo scosso dalla povertà e dai drammi dell’immigrazione. Le questioni della sicurezza internazionale riguardano ciascuno di noi, né si può restare in silenzio rispetto al dramma delle persecuzione dei cristiani». Anzi, su quest’ultimo punto il Rettore non usa mezzi termini: «Quello perpetrato contro i cristiani sarà forse chiamato, a ragione dai nostri posteri, “il primo genocidio del XXI secolo”». L’impegno assunto dalla Lateranense, come ha sottolineato l’ambasciatore Giampiero Massolo, direttore generale del Dis, «apre le porte al confronto su temi comuni e di grande rilievo: quelli della prevenzione e della sicurezza internazionale, trasformandoli in sfide educative». Occorre infatti «fare squadra e serrare le maglie della rete di una sicurezza davvero partecipata perché – ha voluto insistere – l’intelligence e i cittadini sono sullo stesso fronte contro la liquidità di minacce asimmetriche che cercano di colpire al cuore la libertà e la democrazia, il pensiero e la capacità di futuro di interi popoli e culture». D’altra parte si è «alle prese con una sorta di galassia impalpabile, ma non per questo meno pericolosa, capace di trasformarsi di volta in volta in una minaccia concreta».

Servono, per questo, anche nuove regole. «I conflitti – ha denunciato Vincenzo Buonomo, docente di Diritto internazionale alla Lateranense – non sono più localizzabili, come nel caso dell’Isis». E tuttavia, oggi, «nell’immobilismo internazionale, ci si perde in discussioni sull’autorizzazione o meno di un intervento in un dato territorio, ma quelle esistenti sono regole scritte per un mondo che non c’è più». Senza contare che il concetto di pace è molto più complesso, rientrandovi «anche la sicurezza sociale». L’esempio delle banlieu parigine è lì a dimostrare che le periferie «sono anche i luoghi – ha concluso Buonomo – dove si produce l’humus per cui tremila giovani europei decidono di andare andare nel nord dell’Iraq a combattere». Un aspetto grave, non tenuto in debita considerazione. A pensarla così è anche il Comandante della Gendarmeria Vaticana, Domenico Giani che ha voluto ricordare la necessità di «condivedere best practice fra gli Stati», perché a una globalizzazione economica corrisponda anche «una globalizzazione della giustizia e dell’intelligence», nella convinzione, comunque, che la tutela della sicurezza «non possa esaurirsi in operazioni di polizia ma che sia invece urgente lavorare sulle condizioni che favoriscono le minacce, come nel caso del terrorismo».

30 aprile 2015