Al Gemelli il nuovo percorso prenatale a sostegno delle coppie

Le donne avranno la possibilità di sottoporsi al test sul Dna fetale per un approccio responsabile alla possibile esistenza di cromosomopatie

Le donne avranno la possibilità di sottoporsi al test sul Dna fetale per un approccio responsabile alla possibile esistenza di cromosomopatie 

Accompagnare le coppie in tutte le fasi della gravidanza. Si presenta oggi, venerdì 24 marzo, presso la hall del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma un nuovo Percorso assistenziale prenatale. Novità del percorso clinico del Gemelli la possibilità per le donne in gravidanza di sottoporsi a un test non invasivo sul Dna fetale circolante per un approccio responsabile alla possibilità di conoscere l’esistenza di cromosomopatie. L’attivazione del servizio di test su Dna fetale consente di offrire nuove metodiche diagnostiche non invasive con minori rischi per il feto rispetto ad amniocentesi e villocentesi, ma ugualmente idonee a stabilire se il feto possa essere affetto dalle più comuni malattie cromosomiche.

«Questo nuovo servizio – spiega il professor Maurizio Genuardi – è rivolto a tutte le donne in gravidanza, indipendentemente da fattori di rischio genetico quali l’età, a partire dalla decima settimana. Il test su Dna fetale valuta la possibilità che il bambino sia affetto dalla Sindrome di Down (trisomia 21), dalla Sindrome di Edwards (trisomia 18) o dalla Sindrome di Patau (trisomia 13). Quaranta anni fa – continua il professor Genuardi – il Policlinico Gemelli fu uno dei primi ospedali in Italia a offrire la diagnosi prenatale tramite l’amniocentesi. L’importante è dare le informazioni in maniera corretta, tenendo conto di tutti i possibili percorsi da seguire, senza dare per scontato che il riscontro di un’anomalia genetica equivalga a una condanna inesorabile. Recenti progressi scientifici mostrano, infatti, che in futuro potranno esserci trattamenti specifici e efficaci per alcune anomalie cromosomiche ritenute finora inguaribili».

Il test non invasivo prevede una
consulenza genetica, in cui viene raccolta l’anamnesi personale e familiare, viene effettuata una valutazione della storia familiare e vengono fornite tutte le informazioni sul significato e sull’attendibilità del test, così come sui percorsi successivi, necessarie ai fini dell’espressione del consenso della donna e della coppia. Per eseguire il test è sufficiente un semplice prelievo di sangue venoso materno. La comunicazione dell’esito del test prenatale verrà data dal medico che ha eseguito la consulenza genetica e, in caso di possibilità aumentate di cromosomopatia, verranno illustrate le possibili ulteriori alternative diagnostiche.

«L’esame – prosegue ancora il
professor Genuardi – fornisce una stima della presenza di patologie cromosomiche fetali, molto più accurata rispetto a precedenti metodiche, ma non tale da poter effettuare la diagnosi di malattia. Per questo un esito di alta probabilità va verificato con la diagnosi prenatale tradizionale (amniocentesi). D’altro canto, la grande maggioranza delle coppie che si sottopongono al test riceve un esito di bassa probabilità, e vengono quindi tranquillizzate senza dover ricorrere a metodiche diagnostiche invasive. Nel complesso viene ridotto significativamente il numero di aborti legati alla diagnosi prenatale tradizionale».

«Nei test genetici per il rischio di tumori, richiesti presso ambulatori o sui  siti web, si sta ingenerando un consumismo preoccupante – dichiara il dottor Antonio Giulio de Belvis – che può portare a decisioni affrettate, con ripercussioni negative sulla salute fisica e psichica degli interessati e sull’appropriatezza degli approfondimenti diagnostici successivi, spesso a carico del Servizio Sanitario Nazionale. In gravidanza, l’ottica del nostro percorso assistenziale prenatale è duplice: indirizzare le scelte cliniche e prescrittive dei professionisti del Policlinico verso la migliore qualità tecnica e clinica; non lasciare la donna e la coppia da soli, accompagnandoli dal primo contatto con il Policlinico verso la presa in carico in un percorso di vita, accolti da un’equipe multidisciplinare e con sempre lo stesso medico di riferimento in tutte le fasi di comunicazione  e interazione».

Sulla base di situazioni particolari
individuali la coppia/madre potrà essere presa in carico – laddove lo  desideri – per una valutazione integrata multidisciplinare congiunta con ginecologo, bioeticista, psicologo volta all’accompagnamento e all’accoglienza della vita nascente nei casi a grande criticità. «In questi casi – chiarisce il professor Antonio G. Spagnolo – la facilitazione etica che è offerta nell’ambito di una consulenza bioetica potrà far emergere tutti valori che sono in gioco, sostenendo i genitori nel discernimento che li guiderà in piena autonomia verso una scelta responsabile».

24 marzo 2017