Campus Bio-Medico, i ginecologi di Roma: «Tutelare la vita»

Provenienti da diverse università, si sono ritrovati per firmare la nuova Carta di Roma: «Investire nella ricerca e nella formazione del personale»

Provenienti da diverse università, si sono ritrovati per firmare la nuova Carta di Roma: «Investire nella ricerca e nella formazione del personale» 

«Una vera forma di biopolitica dove la politica sia al servizio della verità scientifica, e non di esigenze economiche o di qualunque atteggiamento medico difensivo»: questo, in definitiva, l’accorato appello messo nero su bianco dai ginecologi romani al termine del convegno tenutosi al Campus Bio-Medico di Roma sabato 6 febbraio, vigilia della 38° Giornata per la vita. A promuovere il momento di confronto, quest’anno dedicato a “La medicina prenatale e la tutela della vita”, è stata anche la Pastorale universitaria della diocesi di Roma, guidata dal vescovo ausiliare Lorenzo Leuzzi. È stato lui a trasmettere a Papa Francesco il documento finale (la cosiddetta “carta di Roma”) sottoscritto dai primari delle cattedre ginecologiche della Capitale al termine dei lavori.

Nella mattinata si sono avvicendati gli interventi di numerosi specialisti, tra i quali anche esperti di bioetica e di scienze sociali. «È certamente possibile partorire in sicurezza in Italia. Siamo in linea con Paesi come Inghilterra e Francia e certamente migliori degli Stati Uniti», ha sottolineato Alessandro Caruso, ordinario di Ostetricia e ginecologia al Policlinico Gemelli, spiegando come «l’incidenza della mortalità materna cresca con l’aumento dell’età e del peso della donna». Se Antonio Novelli, responsabile del laboratorio di genetica medica al Bambino Gesù, si è soffermato sui test di diagnosi prenatale non invasivi, andati di moda negli ultimi anni per individuare alcune patologie genetiche e cromosomiche nel feto; Emiliano Giardina, genetista a Tor Vergata, ha sottolineato l’importanza del ruolo di tale figura per la corretta interpretazione dei risultati di questi screening affinché «la tecnologia protegga la vita e non la determini».

Gli ha fatto eco don Victor Tambone, professore di bioetica medica e biodiritto al Campus Bio-medico, invitando a «recuperare una politica a servizio dell’umanità» visto che si assiste sempre più alla «molecolarizzazione della vita» e alla sua mercificazione.

Un concetto sul quale si è espressa con molta chiarezza anche il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che non è voluta mancare all’appuntamento. «La pratica della stepchild adoption – ha detto senza mezzi termini – nulla ha a che fare con la possibilità di garantire più tutele ai nascituri, ma ha molto a che fare con le pratiche di maternità surrogata. Un modo elegante per dire “utero in affitto” e mercificazione delle vite dei bambini e delle donne».

Dopo il riferimento al ddl Cirinnà, in vista del voto al Senato, il Ministro ha evocato «un’assistenza post-parto diversa, che non faccia sentire sole le donne nei primi due mesi dopo che hanno partorito. Sull’allattamento è necessario avere delle nuove linee guida nazionali e poi bisogna mettere le donne nella condizione ottimale per allattare» ha concluso, denunciando la forte denatalità che attanaglia il Paese.

Dal canto loro, i ginecologi romani hanno manifestato l’urgenza di «investire nella ricerca e nella formazione del personale sanitario, medico e paramedico nell’ambito della medicina fetale – si legge nel documento finale – per tutelare la vita come bene unico e intangibile e offrire soluzioni terapeutiche sempre più valide». È fondamentale, in questo senso, «rapportare correttamente il livello di rischio di ogni singola gravidanza» evitando usi impropri della diagnostica prenatale. E dare sempre più spazio a «un attento counselling improntato all’umanità, che va ad assumere un ruolo nel processo decisionale e nel supporto della coppia».

 

 

8 febbrario 2016