Al Divino Amore la celebrazione in memoria delle vittime del Covid
Il vescovo Tarantelli: «Un tempo di sofferenza per tutto il mondo, che ci ha visti uniti, come in ogni famiglia nei momenti di difficoltà». Il senso «nel mistero di luce sfolgorante di Cristo»
Il contrasto tra la luce e il buio e tra la ragione e l’istinto è il nucleo della riflessione che il vescovo Renato Tarantelli Baccari, vicegerente della diocesi di Roma e ausiliare del settore Sud, ha posto al centro della sua omelia ieri mattina, 15 marzo, presiedendo nel Nuovo Santuario del Divino Amore la celebrazione per la Giornata in memoria delle vittime del Covid, che ricorre domani, 18 marzo. Proprio il 18 marzo del 2020, infatti, i camion dell’esercito portarono via da Bergamo centinaia di bare con i pazienti morti destinati alla cremazione. Tra i concelebranti, don Raoul Stortoni, dell’Ufficio diocesano per la pastorale sanitaria, e i cappellani ospedalieri di alcuni nosocomi di Roma.
Guardando alla pandemia di coronavirus come a «un tempo di sofferenza per tutto il mondo, che ci ha visti tutti uniti come accade in ogni bella famiglia nei momenti di difficoltà», Tarantelli ha dapprima osservato come allora «ci si è aggrappati alla preghiera» per la paura per la vita dei propri cari; di seguito, il presule ha spiegato che nel Vangelo di Luca del giorno, e dunque nel brano della Trasfigurazione, è in qualche modo possibile trovare «la spiegazione di ciò». Infatti, ha continuato, il racconto evangelico «ci pone tra Mosè ed Elia ossia tra la Legge e i profeti» o anche di fronte al «contrasto tra mente e cuore, tra ragione e istinto», in una sorta di «combattimento interiore che viviamo dinanzi ad ogni scelta e solo in Cristo, al centro, si trova l’unificazione di questo combattimento». Il senso è dunque da ricercare nel «mistero di luce sfolgorante di Cristo – sono le parole di Tarantelli -, una luce che non ci abbaglia ma ci illumina e che ci rende luminosi». Ancora, il vescovo ha chiarito l’errore in cui cade l’apostolo Pietro quando propone di preparare tre tende, una per il Signore, una per Mosè e una per Elia. «La tenda è una sola – ha chiarito il presule -, quella che Dio ha posto in mezzo a noi prendendo la sua dimora con l’Incarnazione», a ribadire che «Lui è ciò che unisce le contraddizioni e i contrasti, sia quelli del mondo che quelli che abbiamo dentro di noi». Da qui, l’invito conclusivo del vescovo a compiere «un esame nel nostro cuore alla luce della preghiera e alla luce della Trasfigurazione, per iniziare a vederci come Dio ci vede».
Ad accogliere il presule all’inizio della celebrazione nel Santuario di Castel di Leva era stato monsignor Andrea Manto, vicario episcopale per la pastorale della salute e coordinatore dell’ambito della Cura delle età e della vita del Vicariato. «Ringraziamo il vescovo per questa celebrazione a 5 anni da un momento molto buio per il mondo e anche per la nostra Chiesa – ha detto -. Siamo qui a confidare nel Signore e a dire grazie ai medici e agli operatori sanitari che si sono impegnati per sconfiggere il Covid ma la nostra fiducia è in Lui, nella certezza che anche coloro che non abbiamo potuto salvare sono stati salvati dal suo amore e che quelli che non abbiamo potuto salutare non sono andati via per sempre perché noi confidiamo in Cristo morto e risorto».
Anche don Remo Chiavarini , al termine della Messa solenne, ha ringraziato Tarantelli per avere guidato la preghiera in ricordo delle vittime del Covid, riconoscendo in questa celebrazione «un momento che ci aiuta, qui al Divino Amore che è stato punto di riferimento per la preghiera condivisa anche per mezzo della tv durante la pandemia, a riconciliarci con 5 anni non facili della nostra storia, che l’hanno cambiata». Tuttavia, solo «con l’aiuto del Signore è possibile avviare un nuovo cammino», ha concluso il sacerdote, portando il suo saluto e ringraziamento «ai cappellani ospedalieri che durante la pandemia hanno mantenuto un contatto tra i malati e le famiglie in un momento doloroso e difficile per tutti».
17 marzo 2025