Al Colosseo la Via Crucis dedicata ai «crocifissi della storia»

Le 14 stazioni accompagnate dalle meditazioni del cardinale Bassetti. Francesco: «La Croce, visibile ancora oggi in molti posti del mondo e dell’anima»

Le 14 stazioni accompagnate dalle meditazioni del cardinale Bassetti. Francesco: «La Croce, visibile ancora oggi in molti posti del mondo e dell’anima»

Una croce viva e vibrante come le fiammelle che accendono il Colosseo nella notte del 25 marzo, Venerdì Santo. Una croce «strumento di morte» ma anche «via di risurrezione», «segno dell’obbedienza» e al contempo «emblema del tradimento». Assai visibile ancora oggi ed eretta in una miriade di posti del mondo e dell’anima, come scandisce Papa Francesco nella preghiera a conclusione della tradizionale Via Crucis.

Le 14 stazioni accompagnate dalle meditazioni del cardinale di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti sul tema “Dio è misericordia” sono dedicate a tutti «i crocifissi della storia»: i «bambini schiavi», chi si imbarca per l’Europa sulle «carrette del mare», gli «ebrei morti nei campi di sterminio», le «donne oggetto di sfruttamento e di violenza», i piccoli «profanati nella loro intimità». Ma anche i «milioni di profughi, rifugiati e sfollati che fuggono disperatamente dall’orrore delle guerre, delle persecuzioni e delle dittature», coloro che piangono la loro dignità «perché hanno perso il lavoro» e le famiglie spezzate.

La misericordia si conferma un tema portante anche nell’omelia di padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia: «È ora di renderci conto che l’opposto della misericordia non è la giustizia ma la vendetta» dal momento che «perdonando i peccati,  Dio non rinuncia alla giustizia, rinuncia alla vendetta; non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva». In questo senso «l’odio e la ferocia degli attentati terroristici di questa settimana – continua – ci aiutano a capire la forza divina racchiusa in quelle ultime parole di Cristo: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Per quanto lontano possa spingersi l’odio degli uomini, l’amore di  Dio è stato, e sarà, sempre più forte». C’è una sola, aggiunge, «che può salvare davvero il mondo: la misericordia di Dio per gli uomini e degli uomini tra di loro. Essa può salvare, in particolare, la cosa più preziosa e più fragile che c’è in questo momento nel mondo: il matrimonio e la famiglia».

A portare la croce nella prima stazione è il cardinale vicario Agostino Vallini: dopo di lui, la famiglia numerosa romana Postiglione, un disabile in carrozzina, Francesco Rocco Arena, accompagnato dalla sorella Luciana e dal volontario Unitalsi Salvatore Bonaccorso; un’altra famiglia romana, i Budaci, porta la croce per la quarta stazione. È la volta di due allieve, un insegnante e il direttore dell’Associazione formazione Giovanni Piamarta di Remedello (Brescia) per la quinta stazione, poi una donna cinese, Yialaan Chin, e una russa, Varvara Slivkina. Nella settima stazione portano la croce una donna paraguaiana, Nives Masala, e il bosniaco Radoslav Dodig. Dopo di loro una famiglia ecuadoregna, i Silva, poi una donna dall’Uganda, Prisca Ojok Aunma con il keniota Nicodemus Orioki Nyaega.

Il messicano Ruben Guillen Soto e Letitia Yando della Repubblica Centrafricana portano la croce nella decima stazione; John Sentovich, statunitense, e la boliviana Susana Mamami lo fanno nell’undicesima, seguiti da due siriani assistiti dalla comunità di Sant’Egidio, Haddad Rana e Yousef Saghir. Nella tredicesima stazione la croce è portata dai frati di Terrasanta; i giovani romani Giuseppe Bonfatti e Anna Fils concludono la Via Crucis di quest’anno, la quarta per Francesco. Nella sua preghiera, il pontefice ha parlato di «croce eretta nelle nostre sorelle e nei nostri fratelli uccisi, bruciati vivi, sgozzati e decapitati con le spade barbariche e con il silenzio vigliacco»; eretta «nei fondamentalismi e nel terrorismo dei seguaci di qualche religione che profanano il nome di Dio e lo utilizzano per giustificare le loro inaudite violenze». E anche «nei perseguitati per la loro fede che nella sofferenza continuano a dare testimonianza autentica a Gesù e al Vangelo».

Una croce, quella di Gesù, che il Papa invita a scorgere «nei volti dei bambini, delle donne e delle persone sfinite e impaurite che fuggono dalle guerre e dalle violenze e spesso non trovano che la morte e tanti Pilati con le mani lavate, nel nostro Mediterraneo e nel mar Egeo divenuti un insaziabile cimitero, immagine della nostra coscienza insensibile e narcotizzata». Ancora, «nei potenti e nei venditori di armi» che danno «ai loro figli da mangiare il pane insanguinato», «nei ladroni e nei corrotti» che «si vendono nel misero mercato dell’immoralità» e «nei distruttori della nostra “casa comune” che con egoismo rovinano il futuro delle prossime generazioni».

Papa Francesco indica la croce di Cristo nei «ministri infedeli che invece di spogliarsi delle proprie vane ambizioni spogliano perfino gli innocenti della propria dignità», «nei traditori che per 30 denari consegnano alla morte chiunque» e «negli stolti che costruiscono depositi per conservare tesori che periscono, lasciando Lazzaro morire di fame alle loro porte», ma anche «negli anziani abbandonati dai propri famigliari, nei disabili e nei bambini denutriti e scartati dalla nostra egoista e ipocrita società». La croce è visibile, prosegue Francesco, «in coloro che vogliono toglierla dai luoghi pubblici ed escluderla dalla vita pubblica» ma, per contrasto, anche «nelle persone buone e giuste che fanno il bene senza cercare gli applausi», nei preti «fedeli e umili», nelle famiglie, nei volontari e nei perseguitati per la loro fede e infine, conclude il Papa, «nei sognatori che vivono con il cuore dei bambini e lavorano ogni giorno per rendere il mondo un posto migliore, più umano e più giusto».

29 marzo 2016