Ain Karim, crocevia di dolore e di rinascita

L’esperienza dell’associazione che in 25 anni ha dato vita a sei case famiglia per mamme con figli vittime di abusi o maltrattamenti e altre situazioni difficili. Il sostegno dell’8xmille

Da 25 anni nel cuore del quartiere Tiburtino c’è una piccola “Terra Santa”, crocevia di storie di dolore e di rinascita. Oltre 600 le donne e più di 1.200 i bambini, che non avevano alternative alla strada, ai quali è stata offerta la speranza di un futuro migliore. Donne incinte, mamme con figli piccoli vittime di abusi, sfruttamento e maltrattamenti familiari, minori e adolescenti non accompagnati, hanno scoperto il calore di una famiglia grazie ad Ain Karim, l’associazione fondata e presieduta da Paola Lamartina, per tutti semplicemente “zia Paola”. «Con la Caritas della parrocchia San Romano Martire davamo assistenza ai senza dimora nei pressi della stazione Tiburtina che il vescovo Salvatore Boccaccio definiva “una stazione della Via Crucis” – racconta la donna -. Lì abbiamo compreso che la fragilità e la povertà più estreme hanno il volto delle donne incinte o con figli molto piccoli».

È da questa constatazione che nel 1997 muove i primi passi l’associazione che in 25 anni ha aperto sei case famiglia i cui nomi sono tutti legati alla Bibbia e alla Terra Santa. In via Galla Placidia, a poche centinaia di metri l’una dall’altra, ci sono tre case di accoglienza dove si mescolano armoniosamente lingue, culture e costumi diversi. La prima, Ain Karim, dal nome dell’associazione e del luogo in cui la tradizione colloca il mistero della Visitazione, è stata aperta nel 1997 e può ospitare fino a otto persone. È la foresteria del monastero delle suore dell’ordine della Visitazione di Santa Maria e qui da sempre vive anche “zia Paola”. In questo mese la “casa” ha festeggiato la nascita di una bimba la cui mamma è originaria dell’Africa.

casa di accoglienza Sichem, associazione Ain Karim, 31 maggio 2022Nel 2000 è nata Sichem, dal luogo dell’incontro tra Gesù e la samaritana. Anche qui si celebra una nuova vita: un maschietto nato due settimane fa da una mamma italiana. Nel 2010 è stata inaugurata la terza casa, Siloe, dalla località in cui Gesù ridonò la vista al cieco, che accoglie minori da 0 a 12 anni non accompagnati. Nel territorio del VI municipio nel 2013 è stata avviata Casa Betel – il cui nome richiama al luogo dove si stabilì Giacobbe seguendo il comando di Dio -, allestita in un immobile sequestrato alla mafia e destinato all’accoglienza di mamme e figli per un percorso di semi-autonomia. E ancora, nel 2017, taglio del nastro per Nazaret, riservata all’accoglienza e all’accompagnamento degli adolescenti senza famiglia. Per le donne sottoposte a misure alternative al carcere o a fine pena nel 2019 è sorta Ebron, dal primo pezzo della terra promessa acquistata da Abramo per seppellire la moglie Sarah.

Molte delle attività ludico-ricreative svolte all’esterno delle case di accoglienza, come i centri estivi, le discipline sportive, le attività psico-fisiche, l’assistenza ai nuclei più disagiati, sono possibili anche grazie ai fondi 8xmille. Oltre alle case famiglia, dove si alternano 47 volontari e 4 giovani del servizio civile, Ain Karim gestisce sette appartamenti «dove le mamme iniziano un percorso di semi autonomia – spiega Lamartina -. È la vera forza dell’associazione. Le mamme si sostengono a vicenda ma grazie al reinserimento nel mondo del lavoro riprendono in mano la propria vita». In questo momento un grande appartamento in zona Tiburtina è stato messo a disposizione dei profughi ucraini e ospita complessivamente sei persone.

Le mamme, spiegano Maria Antonietta Ruggiero e Barbara Mastio della segreteria, vengono segnalate dagli assistenti sociali e dai Tribunali dei minori di tutta Italia. «Salvaguardiamo i minori da genitori violenti o con problemi di tossicodipendenza – riferiscono -. L’80% dei bimbi italiani accolti proviene da contesti molto violenti e degradati». Gabriella Villino Ferretti, vice presidente di Ain Karim, sottolinea che il cordone ombelicale con i bimbi passati dalle case famiglie «non si recide mai. I contatti sono frequenti. La prima bambina nata in questa struttura 24 anni fa si è laureata in ingegneria clinica, un’altra sta preparando la tesi in infermieristica». Nelle case famiglia le ospiti non trovano «solo un tetto e una mensa – aggiunge Lamartina – ma spazio nei cuori degli operatori, degli educatori e dei volontari».

casa di accoglienza Sichem, associazione Ain Karim, 31 maggio 2022Tra le prime ospiti c’è Iwona. Arrivata ad Ain Karim il 21 novembre 1997, doveva rimanere nella struttura per qualche giorno. «Sono qui da 9.125 giorni, chi lo avrebbe mai detto – racconta -. In questi 25 anni ho potuto sperimentare il vero senso della famiglia, sono cresciuta dal punto di vista professionale, spirituale e soprattutto da quello umano. Senza Ain Karim i sogni che avevo da piccola sarebbero rimasti tali». Anche tra gli operatori c’è chi ha conosciuto l’associazione per caso e non è più andato via. Come Veruska, entrata in contatto con Ain Karim per la stesura della tesi di laurea. Ci lavora da 19 anni. Per alcuni anni ha anche avuto in affido una bambina che l’ha «fatta sentire mamma prima ancora di esserlo biologicamente».

Sabato 28 maggio i 25 anni di attività sono stati celebrati con la Messa nella parrocchia di San Romano Martire presieduta da monsignor Giuseppe Marciante, vescovo di Cefalù, concelebranti monsignor Marco Fibbi e don Julio Lavin, i tre parroci che si sono succeduti in parrocchia e che hanno seguito l’associazione. Marciante ha definito Ain Karim «un’esperienza di vita, un modello di convivenza civile. Noi non siamo chiamati a tenere in piedi strutture ma a tessere relazioni, ed è quello che accade ad Ain Karim, esempio di convivenza umana. L’augurio per l’associazione, nata da un dono dello Spirito Santo e dall’intuizione diventata realtà di Paola, è che possa continuare a traghettare donne e bambini verso la bellezza della vita».

3 giugno 2022