Afghanistan, dove ci si indebita per pagare le cure

Nuovo rapporto di Emergency sulla situazione nel Paese: 1 afghano su 2 non ha accesso ai medicinali. Le donne una delle fasce della popolazione più vulnerabili

Da Emergency, nuovo report dedicato all’Afghanistan. In particolare, all’Accesso alle cure in Afghanistan: la voce degli afghani in 10 province. Una fotografia della situazione sanitaria nel Paese dopo il cambio di governo, nell’agosto 2021, a partire dai territori in cui l’organizzazione internazionale è attiva, che ha coinvolto oltre 1.800 persone, tra pazienti e accompagnatori delle strutture di Emergency, così come lo staff sanitario dell’ong e degli ospedali pubblici afgani.

Nel Paese «l’accesso alle cure per la popolazione è un percorso fatto di ostacoli e numerose barriere: curarsi è troppo costoso; non ci sono ambulanze in caso di emergenza; le strutture sono inadeguate, sprovviste di personale specializzato, macchinari, elettricità e acqua, soprattutto nelle zone rurali», spiega Stefano Sozza, direttore del programma di Emergency in Afghanistan. È l’eredità di 40 anni di guerra e di politiche inefficaci, che «hanno reso l’Afghanistan dipendente dagli aiuti internazionali e la sua popolazione estremamente vulnerabile. Solo nel 2023, si stima, saranno 28,3 milioni  gli afgani bisognosi di aiuti umanitari: più del 70% della popolazione».

La realtà messa a fuoco nel rapporto è quella di un Paese in cui un afgano su due non può acquistare i medicinali necessari per curarsi e 1 su 5 ha perso un parente o un amico che non è riuscito ad accedere alle cure di cui aveva bisogno; 5 su 10 hanno dovuto risparmiare su cibo e abbigliamento per poter pagare delle prestazioni sanitarie e 9 su 10 si sono dovuti indebitare chiedendo del denaro in prestito. Tra le fasce della popolazione più vulnerabili, le donne, in particolare nella gestione della gravidanza.

«Dopo il ritiro delle forze internazionali e del cambio di governo dell’agosto 2021 le riserve adell’Afghanistan all’estero sono state congelate, le nuove autorità interdette dalla comunità internazionale e le delegazioni diplomatiche occidentali evacuate – sono ancora le parole di Sozza -. Attraverso questo report abbiamo deciso di dare voce agli afgani affinché il Paese torni a essere in cima alle priorità dell’agenda della comunità internazionale». Il sistema sanitario soffre di carenze croniche, come l’inadeguatezza delle infrastrutture e la mancanza di strumenti diagnostici, che si sono recentemente aggravate con la “fuga dei cervelli” all’estero come specialisti, medici, ingegneri. La stima di Emergency è che ci vorranno almeno 20 o 30 anni per riavere in Afghanistan personale specializzato. Un obiettivo, quello della formazione dello staff locale, al quale Emergency lavora da sempre con corsi di specializzazione nelle proprie strutture; al momento sono attivi residency program in chirurgia, anestesia e rianimazione, ginecologia e pediatria. In totale Emergency sta formando al momento 36 specializzandi.

Tra i risultati più importanti emersi sull’accesso alle cure nell’ultimo anno, secondo il Report di Emergency c’è «la barriera economica. Il 70% degli afgani intervistati ha rimandato le cure a causa dei costi e il 51% ha risparmiato su altri beni essenziali per potersele permettere». Come spiega Hanif, field officer di Emergency a Kabul, «se ti rechi in farmacia con una prescrizione, ad esempio per un comune antibiotico del costo di 100 afgani, il farmacista ti chiederà di pagare 300 afgani: 100 andranno al dottore e 200 alla farmacia».

Oltre l’80% degli intervistati risiede in zone rurali difficilmente collegate ai principali centri abitati e solo il 2% ha utilizzato ambulanze perché in numero insufficiente o scarsamente equipaggiate. Gli afgani si sentono generalmente più sicuri e raggiungono più facilmente aree precedentemente bloccate dalla guerra. Maggiore sicurezza ha portato a maggiore mobilità e a un sovraccarico degli ospedali pubblici, sulla carta completamente gratuiti. Il sistema sanitario non è però adeguato a rispondere ai bisogni della popolazione perché strutturalmente sarebbero necessarie più risorse di quelle disponibili.

Dove si registrano ancora episodi di ostilità, l’insicurezza rimane in cima alle preoccupazioni; chi ha incontrato ostacoli nell’accesso alle cure nell’ultimo anno ha infatti identificato la paura del conflitto come prima barriera e il costo come seconda. Oltre ai problemi strutturali che colpiscono l’intera popolazione, la mancanza di mezzi di trasporto sicuri ed efficienti, l’assenza di cliniche che offrano cure ostetriche per le future mamme nelle zone rurali e la diminuzione del potere d’acquisto (del 20% inferiore rispetto a quello degli uomini), rende la possibilità di accedere a cure tempestive ed efficaci per le afgane ancora più precaria. Il rapporto evidenzia che la gestione delle condizioni di salute materna è particolarmente preoccupante e spesso porta a decessi prevenibili. Sono stati infatti segnalati casi di donne decedute durante il travaglio mentre cercavano di raggiungere le strutture sanitarie e molte di loro non ricevono alcun tipo di supporto prenatale.

31 marzo 2023