Adulti di Ac e la sfida di un tempo «da abitare in modo nuovo»

Il confronto online con il vice presidente nazionale del settore Giuseppe Notarstefano. L’invito: «Non guardare al futuro con gli occhi del passato»

Molto più che “tempo sospeso”. Quello del lockdown dovuto alla pandemia di coronavirus è stato tempo di ripensamento e occasione di discernimento per il settore Adulti dell’Azione cattolica di Roma che dall’11 maggio, per sei settimane, ha curato il percorso “Che tempo di cambiamento”, fatto di riflessioni, racconti e gesti per immaginare un futuro nuovo dopo l’emergenza sanitaria. E a conclusione dell’iniziativa, venerdì sera, 19 giugno, è stato proposto un confronto con Giuseppe Notarstefano, vice-presidente nazionale per il settore Adulti dell’Ac, che ha offerto alcuni spunti di riflessione a partire dalle suggestioni emerse dalle diverse realtà associative parrocchiali romane. «Ci sono delle parole-chiave come essenzialità, sobrietà, condivisione, che riassumono e indicano le scelte e gli atteggiamenti che i soci si sentono sollecitati a mettere in atto alla luce del percorso compiuto», hanno spiegato Chiara Sancin e Marco Di Tommasi, responsabile degli Adulti dell’Ac romana.

Anche per questa serata conclusiva sono stati sfruttati i canali social dell’associazione, mezzo imprescindibile per proseguire con le attività negli ultimi mesi, a motivo delle restrizioni. «Il nostro canale Youtube, aperto a inizio pandemia – hanno riferito Sancin e Di Tommasi -, ha ottenuto più di 4.700 visualizzazioni con 2.060 spettatori unici, coinvolgendo un pubblico di età compresa tra i 45 e i 65 anni, ma con fruizioni anche da parte di ultraottantenni», per questo «dopo questa esperienza cercheremo di fornire anche in futuro materiali su piattaforme social, utilizzando forme miste di coinvolgimento, in presenza e a distanza».

Adulti Azione Cattolica, 19 giugno 2020Di «portata rivoluzionaria degli strumenti tecnologici di sostegno in questa fase» ha parlato anche Notarstefano, evidenziando «la richiesta e la necessità di un confronto che deve avere la capacità di andare in profondità». In particolare il referente nazionale, che è ricercatore di Statistica economica e docente all’Università Lumsa di Palermo, ha sottolineato come «questo tempo straordinario è stato rivelativo di una relazione condivisa che supera l’idea di felicità che abbiamo sempre immaginato essere legata all’accrescimento delle ricchezze, secondo una certa mitologia della crescita». Da qui la constatazione: «Questo è un tempo da abitare in modo nuovo, senza sciupare l’occasione che abbiamo avuto di compiere un movimento dentro di noi per poi portarlo al di fuori, manifestando una prossimità e una cura delle relazioni che non ci sarebbero state se il terreno non fosse già stato ben dissodato». Ancora, Notarstefano ha invitato a «non guardare al futuro con gli occhi del passato» e in questo, ha ammonito, «la nostra associazione ha un compito culturale importante per una vera trasformazione sociale: la Chiesa è chiamata infatti a rendere ragione e conto della speranza che la abita e la anima».

Guardando poi ai risvolti economici dell’epidemia, per il responsabile nazionale, esperto di economia, si tratta di «immaginare una nuova idea di modello economico, ponendosi la questione della responsabilità sociale», ragionando in termini di «valorizzazione delle risorse umane, in una logica di nuovo welfare aziendale», e puntando sullo smart-working «non solo per questioni di sicurezza ma anche per favorire una qualità di vita delle persone». Sul piano politico, invece, per Notarstefano bisogna  «superare il paradigma tecnocratico, valorizzando la partecipazione e il confronto» nell’ottica di una «corresponsabilità da vivere in senso attivo e non passivo, come visione condivisa».

Da ultimo, una considerazione più mirata sull’Ac: «Temo un’associazione che funziona ma non vive – ha detto Notarstefano -. L’infrastruttura organizzativa deve essere finalizzata ala relazione autentica» perché «non sono le attività che fanno l’associazione: le persone chiedono spazi in cui potersi riconoscere». Anche Rosa Calabria, presidente dell’Azione cattolica di Roma, nel suo saluto iniziale aveva evidenziato l’importanza della dimensione relazionale: «Dobbiamo prendere consapevolezza del fatto che relazionarci in modo autentico con l’altro può costruire un tessuto sociale che crede nell’equità, facendoci sentire un’unica famiglia umana».

22 giugno 2020