Adolescenza, “terra di mezzo” verso l’autonomia

Il ruolo dei genitori nell’accompagnare i figli in questa fase, aprendosi a orizzonti di ricerca e di senso. L’importanza di essere un luogo aperto e dialogante

“Sta crescendo”. Quante volte si sente pronunciare questa frase con sentimenti diversi, dalla gioia delle prime scoperte, alla preoccupazione per il futuro, al timore di non essere all’altezza di reggere l’impatto dell’adolescenza incipiente, fino alla nostalgia di un’infanzia che sembra sfuggire dalle mani e alla malinconia di un ruolo genitoriale chiamato a ridefinirsi. Padri e madri finiscono di essere i miti, i supereroi di un figlio e di una figlia che si riferiscono solo ed esclusivamente a loro, cercando affetto e contenimento, per assumere i panni più reali di persone con le loro fragilità e risorse.

La crescita di un figlio è un’occasione imperdibile di evoluzione dell’intera famiglia e una opportunità di rivedere posizioni, allargare vedute, abbandonare rassicuranti zone di comfort per estendere le proprie visioni e modificare, con il cambiare delle età, il modo di stare accanto ai figli mantenendo sempre la responsabilità educativa e il compito di guide. Un figlio è una sfida, una provocazione a cambiare, a evolversi, a scoprire di poter essere flessibili e non fermi su posizioni rigide e immutabili. E come in ogni sfida che si rispetti, occorre mettersi in discussione, non dare nulla per scontato e aprirsi a orizzonti di ricerca e di senso. La coppia genitoriale è chiamata al compito evolutivo di sondare nuovi terreni, ridefinire ruoli, mettersi al passo di un figlio che, crescendo, richiede cure e attenzioni diverse da quelle infantili e soprattutto una maggiore capacità di contenimento nella fase delicata dell’adolescenza, contenimento in grado di lasciar andare ma di costituire sempre un porto sicuro cui poter riapprodare per continuare in sicurezza il cammino.

La prospettiva che la famiglia è chiamata a incarnare è l’emancipazione ovvero l’accompagnare il figlio ad abbandonare lo stato infantile per raggiungere, attraverso differenti fasi evolutive, lo stato adulto in termini di acquisizione di nuove competenze emotive, cognitive, comportamentali e sociali. L’autonomia è l’obiettivo finale passando attraverso momenti di incertezze, e a volte anche di regressione, fino all’acquisizione dell’indipendenza.

Il percorso evolutivo genitoriale non è agevolato dalle condizioni sociali che i ragazzi oggi si trovano a vivere: siamo infatti davanti al fenomeno della famiglia “lunga” ovvero la permanenza, in età anche fortemente adulta, di un figlio che non riesce a trovare immediatamente una collocazione lavorativa e la possibilità di emanciparsi sia materialmente che affettivamente. Anche questa è una sfida da affrontare davanti al coesistere in famiglia di più generazioni di adulti, genitori e figli ormai cresciuti spesso anche con il compito di seguire e accompagnare i nonni nella loro anzianità. Il compito del genitore è scortare il figlio nel raggiungere la sua emancipazione non “dalla” famiglia bensì “nella” famiglia ovvero rimanendo più a lungo all’interno del nucleo familiare preservando e rispettando la giusta libertà e indipendenza.

L’autonomia non rappresenta un compito evolutivo esclusivo dell’adolescente ma di tutta la sua famiglia invitata a misurarsi su vari piani educativi. I genitori sono chiamati infatti ad accompagnare il figlio all’emancipazione emotiva aiutandolo a raggiungere la capacità di pensare, decidere e agire in modo autonomo senza dipendere da altri, siano essi la famiglia stessa che il gruppo dei pari così importante per la crescita relazionale. Il secondo passo è l’emancipazione fisica ovvero l’uscita materiale dalla casa parentale per realizzare il proprio progetto di vita e le scelte affettive e professionali.

Il momento più delicato è sicuramente l’adolescenza, in cui il ragazzo “ondeggia” tra il nuovo bisogno di autonomia da una parte e il continuo affidamento alla famiglia dall’altra, per veleggiare nel delicato terreno della vita relazionale e sociale. L’adolescente viene spesso considerato una “terra di mezzo” in cui trovare nuovi equilibri e compiere il passo verso una adultità che ancora non è completa ma in divenire. In questa “terra di mezzo” dove il figlio si avventura, ora con coraggio ora con il bisogno di tornare alle certezze familiari, i genitori hanno il delicato compito di essere presenti senza invadere, di ascoltare senza imporre, di mettere in sicurezza senza tuttavia togliere la libertà di sperimentarsi per acquisire la consapevolezza dei propri confini, limiti e risorse.

Si tratta di seguire a volte da lontano, a volte più da vicino, di mantenere uno sguardo attento ma senza indagare e inquisire sul cammino di indipendenza di un figlio che necessita di fare esperienza di sé e di imparare anche dai propri errori e cadute. I figli, mentre cercano una via di indipendenza e maggiori spazi di libertà, sperimentano sia l’entusiasmo di una nuova fase di vita sia la paura di perdere quella vicinanza rassicurante dei genitori in un’alternanza di bisogno di lontananza e prossimità. In questo percorso delicato e complesso i genitori sono chiamati a rappresentare sempre e comunque un luogo aperto e dialogante capaci di porsi accanto, ascoltare, interpretare anche i possibili silenzi, che in realtà celano tanti interrogativi, e fornire un terreno sicuro a cui potersi riferire nel momento di maggiore fragilità. Non si tratta quindi di perdere un figlio ma di acquisire una persona in piena crescita che, come tutti, ha bisogno di essere sostenuta e rassicurata come anche di essere incoraggiata a compiere i propri passi. La crescita non rappresenta perciò una rottura dei rapporti precedenti ma una rimodulazione, una trasformazione in cui nulla si perde, in termini affettivi e relazionali, ma tutto si può acquisire come famiglia chiamata a incontrarsi su altri piani e a compiere le proprie fasi evolutive.

Ogni passaggio implica necessariamente un piccolo lutto da elaborare letto però come opportunità di trasformazione. Per il genitore si tratta di accettare di perdere la centralità nella vita del figlio, che si apre a un orizzonte relazionale più vasto e complesso, e di rinunciare al posto preminente senza però mai abdicare al ruolo educativo. La perdita di potere esclusivo si apre alla negoziazione con il figlio sugli orizzonti da abitare e le terre da esplorare, accettando anche i momenti di solitudine e lontananza dal nucleo familiare ed evitando di cadere nel facile tranello del diventare amico del ragazzo o della ragazza, col conseguente pericoloso abbandono del ruolo di guida. La sfida pedagogica si svolge quindi sul sincronizzare un duplice movimento: salvaguardare l’intimità, la coesione e il senso di appartenenza alla famiglia e favorire lo svincolo e l’indipendenza del figlio finalmente libero di poter prendere la sua strada e realizzare il proprio progetto di vita fuori dal protettivo nido familiare verso un sociale a volte percepito come complesso e difficile.

In questo delicato ma entusiasmante movimento di trasformazione, possono essere sicuramente utili i servizi offerti dai consultori familiari come luoghi di elaborazione del nuovo cammino e di acquisizione di sempre maggiori capacità di svolgere il proprio ruolo educativo nella nuova fase evolutiva del figlio. Estremamente utili sono i percorsi di accoglienza, ascolto e accompagnamento dei genitori, le scuole di genitorialità nonché le esperienze di gruppi in cui confrontarsi con altre famiglie e scoprire risorse e ricchezze reciproche sostenuti dalla presenza di professionisti della relazione di aiuto. In conclusione, la famiglia rappresenta il luogo per eccellenza che accompagna e sostiene nel divenire umani, nel crescere e aprirsi allo scenario della vita con una “cassetta degli attrezzi” in grado di fornire gli strumenti per arrivare in vetta e poter godere scambievolmente di relazioni stabili, affettive e sicure in un clima di apertura e reciprocità. (Alessandra Bialetti, consulente della coppia e della famiglia)