Adolescenti, la guerra e il viaggio

La necessità di parole chiare sulla necessità di fare i conti con la lotta tra bene e male e su quella di sperimentare l’uscita da se stessi. Come in un racconto epico

Quindici giorni fa c’eravamo lasciati con un pensiero in sospeso: mi ero arrischiato a dire che Lucca Comics esplodeva di giovani perché quello era il luogo dove ritrovare in immaginari una certa epica dell’esistenza. Nei giorni successivi più di uno ha commentato questo pensiero e i pareri ricevuti sono stati contrastanti: da chi bollava l’epica come uno dei codici culturali peggiori, a un prete (di Lucca) che raccontava una omelia dove aveva ripetuto la stessa idea. Bloccato nell’impasse del dovere giustificare una roba mica da poco (solo a volere sorvolare il tema avrei dovuto dare conto di secoli di riflessione letteraria, filosofica e antropologica) mi sono alla fine venuti in mente certi pomeriggi al cinema con mio figlio quando era molto piccolo.

Appassionato da sempre al mondo dell’animazione, giovane padre, vivevo l’uscita al cinema con mio figlio per il Disney o il Pixar di turno come un piccolo evento. Spesso e volentieri però, fatte le dovute eccezioni, durante la proiezione mi capitava di sentirmi in colpa. Il motivo è semplice: mio figlio, avido di storie di cavalieri e draghi, eroi e mostri, a un certo punto del film iniziava a chiedermi: «ma chi è il buono? Perché il buono non si capisce? Perché il cattivo è buono?». Insomma, complici certe sceneggiature cervellotiche, scritte da adulti per adulti che a un certo punto hanno iniziato a imperversare, mio figlio ha iniziato ad annoiarsi al cinema e io con lui. Recuperammo con lui il gusto della storia iniziando precocemente a metterlo davanti alla trilogia del Signore degli anelli o ai tanti Star Wars: nostro figlio si divertiva, saltava sul divano per tifare i buoni, giocava con spade di legno in cortile per ore. Certo, stiamo parlando di un bambino. Che c’entrerebbero gli adolescenti? Ci provo.

Dallo scervellamento iniziale mentre pensavo al tema dell’epica, alla fine ho risolto nel più semplice dei modi. Mi sono detto che in fondo l’epica mette a sistema due grandi temi: la guerra e il viaggio. Nel primo e nel suo contrario (la pace) vedo la necessità atavica, soprattutto nel momento in cui ci si affaccia al mondo, di fare i conti con la lotta tra bene e male. Nel secondo vedo la necessità altrettanto atavica di sperimentare l’uscita da se stessi e dare corpo alla spinta che porta fuori dalla semplice dimensione animale. Su questi temi mi pare che i ragazzi pretendano, consciamente o meno, parole chiare, nitide e per quanto non risolutive di certo non opache.

Quando dico che spesso noi adulti abbiamo, in nome della modernità, della zona grigia, dell’uomo contemporaneo che ausculta solo e sempre se stesso, negato dignità e legittimità a immaginari di questo tipo (che qualcuno vorrebbe definire “consolatori”), penso ai ragazzi che si annoiano come mio figlio e quindi che trovano forme alternative, magari fin troppo semplici come quelle di cui parlavamo la volta scorsa. Perché poi passi il derubricare l’epica della vita a faciloneria, ma lasciare un tema come quello del bene e del male alla penna e al pensiero di chi invece, senza troppi problemi, lo piega alla propria visione politica e sociale ci mette addosso una responsabilità non da poco.

20 novembre 2019